Il Papa: senza scorciatoie il ciclismo insegna a vivere
Costanza, sacrificio, rinuncia, coraggio e determinazione. Questo impara chi va in salita, chi batte strade polverose e fa i conti col vento. Papa Francesco riceve l’unione ciclistica europea e la confederazione africana del ciclismo nella magnifica sala Clementina del Palazzo apostolico e spiega qual è il suo senso del ciclismo. Ricorda agli atleti che il loro sport, più di altri, insegna a non arrendersi e a ricominciare ma che rischia anche di essere inquinato dalla smania del profitto, da chi bara e cerca le scorciatoie del doping e della corruzione .”Lo sport è di grande aiuto per la crescita umana perchè stimola a dare il meglio di sè- spiega il Pontefice -Insegna a non scoraggiarsi e a ricominciare con determinazione, dopo una sconfitta o dopo un infortunio. E il ciclismo mette maggiormente in risalto queste virtù con tanti ciclisti che sono stati di esempio per la loro integrità e coerenza, dando il meglio di sè in bicicletta”. Non tutti in verità. E allora lo sport e il ciclismo aiutano a crescere solo se tutto ciò che inquina viene allontanato. Non è la prima volta che un Papa si occupa di ciclismo: dopo le benedizioni ai primi Giri d’Italia di Pio X e Benedetto XV, ci fu l’udienza di Pio XII ai ciclisti del primo Giro dopo la Seconda Guerra Mondiale e l’incontro con Gino Bartali che, durante la guerra , militante di Azione Cattolica, salvò quasi mille ebrei dalla deportazione trasportando nella canna della bici documenti falsi. Oggi Bartali ha un albero nel giardino dei Giusti dello Yad Vashem a Gerusalemme. Nel 1974, la 57esima edizione del Giro d’Italia partì dalla Città del Vaticano, ma già dieci anni prima, nel maggio del 1964, Paolo VI salutò i corridori che passavano da Roma e paragonò lo sport all’esistenza: “È simbolo d’una realtà spirituale, che costituisce la trama nascosta, ma essenziale, della nostra vita: è uno sforzo, è una gara, è un rischio, è una corsa, è una speranza verso un traguardo, che trascende la scena dell’esperienza comune: che l’anima intravede e la religione ci presenta”.