Strade Bianche, sfida tra gentiluomini e Pogacar fa “tris”
C’è sempre stato e c’è ancora un ciclismo di gentiluomini e non poteva essere che qui alle Strade Bianche. La “sesta” monumento, sfida eroica con e senza virgolette con e senza maiuscole e minuscole, è onorata e nobilitata da due campioni come Tadej Pogacar e Tom Pidcock. Un’ ottantina di chilometri in fuga insieme e alla fine la spunta il campione del mondo, col body strappato, con un gomito sanguinante, con un mezzo ematoma sulla coscia per una caduta, acciaccato ma comunque imprendibile che firma un tris e rende l’onore delle armi a un avversario che ha provato finchè ha potuto a restargli sulla ruota. Si abbracciano alla fine: “Tutto molto bello” avrebbe detto il grande Bruno Pizzul. Strade Bianche numero diciannove che si raccontano tutte nell’ottantina di chilometri di fuga di Pogacar e Pidcock con Connor Swift terzo incomodo solo per un po’. Ottanta chilometri veloci, faticosi e sorprendenti, insieme a suonarsele, a guardarsi, a curarsi, a rispettarsi.
C’è ancora un ciclismo antico di gentiluomini e non poteva essere su queste strade polverose nel cuore di una Toscana che è stata capace di conservarle e farle diventare patrimonio e cultura da difendere. E allora, quando mancano una settantina di chilometri al traguardo, se Pidcock manca il rifornimento ci pensa Pogacar a prendere una borraccia dal suo sacchetto e ad offrirgliela. E allora quando Pogacar perde il controllo della sua bici nella discesa di CollePinzuto e vola, per fortuna sua e di tutti in una scarpata dove non ci sono ostacoli, Pidcock non va ma rallenta, si gira un paio di volte e solo quando vede il polacco che si rialza e sale verso la strada, riprende a pedalare. Poi, dopo una decina di minuti, decide di rialzarsi ed aspettare ma questa non è gentilezza ma solo un calcolo, perchè Pogacar lo rincorre al doppio della velocità e quindi è inutile sprecare energie a 40 chilometri dall’arrivo.
E questo un ciclismo che dà ragione ai sognatori, ai romantici e a chi questo sport ce l’ha nel cuore e nell’anima. La diciannovesima volta delle Strade Bianche è ancora quella di Tadej, la prima volta di un campione del mondo a Piazza del Campo, la terza vittoria per lui che qui ha trionfato anche l’anno scorso e che qui da professionista aveva debuttato nel 2019 nelle gare di un giorno arrivando trentesimo. Non è la volta buona è la volta giusta, giustissima. Attesa, annunciata, non scontata perchè Pidcock ci prova a rendergli la vita dura e perchè la caduta di Collle Pinzuto non è cosa da poco. Un volo assurdo, ad alta velocità, con il posteriore della bici che perde aderenza e lo sloveno che finisce in una scarpata dopo una capriola da brividi. Ma sembra di gomma: si alza, cambia bici e riparte più forte di prima. “Andavo troppo veloce- racconta al traguardo- Ho rischiato troppo, conosco queste strade come quelle di casa mia ma forse avevo troppa voglia di vincere…”
E alla fine vince. Perchè qui vincono solo i grandi e i grandissimi. Vince solo chi ha classe e coraggio, chi è capace di riavvolgere il nastro e riportare il ciclismo indietro nel tempo, dove si arriva alla spicciolata, dove ci si deve sporcare le mani e non solo le mani perchè la polvere arriva ovunque, dove le squadre si sbriciolano e le tattiche servono a poco o forse nulla. Succede solo qui, solo nelle terre che L’Eroica, con la maiuscola, ha conservato riconsegnandole alla storia e a uno sport che forse negli ultimi anni è andato troppo veloce e nel cammino ha perso un po’ della sua origine. Troppa fretta, troppa tecnologia, troppe gare, troppi interessi, troppe moto, troppo di tutto a confondere mito e leggenda con tappe inutili e ordini di arrivi non sempre all’altezza.
Serviva una sfida che portasse a riscoprire l’anima e la meccanica, ad alzarsi sui pedali per saltare via brecciole, buche e cunette che ti si parano davanti su salite che non ti aspetti. Con le ruote che slittano, s’impolverano, si fermano sugli strappi più duri, con le incognite di un guasto o di una foratura che sfuggono a tattiche e algoritmi. Dove si cade e ci si rialza. Serviva ed eccola qui: Le Tolfe, Pieve di Santa Santamaria, Castelnuovo della Berardenga, Colle Pinzuto, la Strada del castagno, Monte Sante Marie tra sterrati, settori e una Toscana che lascia senza fiato per eleganza e bellezza.
E finisce sempre come deve finire. Vince il migliore. Vince Tadej Pogacar rincorso da un orgoglioso Tom Pidckoc e dal belga Tim Wellens che dello sloveno è compagno di squadra. Pogacar cala un tris che gli permette di affiancare un altro grande come Fabian Cancellara e fa capire a tutti che anche quest’anno suonerà lo stesso spartito. Un po’ ammaccato ma sorridente si gode piazza del Campo e gli abbracci dei suoi. Poi si ferma un minuto ad attendere Pidcock che saluta con un abbraccio. C’era una volta il ciclismo dei gentiluomini e alle Strade Bianche forse c’è un po’ di più…