Montalcino, gli eroi sono altri (forse)
Partono in 1500 domattina da Montalcino. Ciclisti senza tempo, come allora, come tanti anni fa, come una volta…Eroi dell’Eroica, di un’altra Eroica, quella di primaveraanche se forse gli eroi sono altri. O forse no. Perchè per correre in bici tanti anni fa un po’ eroi bisognava esserlo. Le bici erano quelle che erano. E le strade anche. Niente carbonio, niente elettronica, niente integratori, niente di niente. Come diceva Alfredo Binda, e non a caso la sua frase è diventata storia, per correre allora ci volevano i <garun…> e non serve tradurre per capire che bisognava esser tosti. Forse la fatica era di più. Certo che le facce erano antiche già da giovani e le rughe più profonde, cotte dal sole e dal freddo. Non c’era tempo per look, orecchini, tatuaggi, per i body intonati con le bici. Le scarpette non avevano le suole hi-tech e gli attacchi erano le cinghiette dei puntapiedi. Stop. Un altro mondo. Un mondo dove la bici era poesia pura, romanzo, oggetto del desiderio e oggetto di un racconto infinito uscito dalle penne di grandi scrittori. Non solo un mezzo meccanico, ma il mezzo per raccontare una grande storia di attese e di speranze e per vivere un riscatto che, dopo le Guerre, i nostri nonni e bisnonni si sono conquistati con il cuore e con le unghie. C’era una volta il ciclismo dei pionieri che ha fatto pedalare un Paese che aveva voglia di ricominciare e c’è oggi un ciclismo che a quell’epopea si ispira e vuole rivivere. Ovvio, per gioco. Con lo spirito lieve che serve in questi casi. Ed è un altro ciclismo. Più rilassato di quello delle granfondo dove ci si depila, si cerca spasmodicamente il tempo e davanti si va sempre a tutta. Più godereccio rispetto alla frenesie dei ristori in corsa con sali e barrette presi al volo per non perdere un secondo. Qui ci si ferma, si chicchiera e si mangia davvero: torte fatte in casa, salumi, minestra di pane, zuppa di ceci e zabaione col vin santo. Facile fermarsi, difficile ripartire. Ma poi si fa perchè non c’è fretta, non c’è agone. Si riparte e ci si riferma perchè da queste parti c’è tanto anche da vedere e c’è sempre il tempo di una foto o di un “selfie” come si usa da quando i telefonini sono entrati nelle nostre vite. E’ il ciclismo che torna eroico. E’ il ciclismo di una gara-non gara che questo mondo ha avuto l’idea di riscoprire e riproporre. Più o meno 150 chilometri per chi ha più coraggio, per chi se la sente: Montalcino, Buonconvento, San Quirico d’Orcia, Pienza Ripa d’Orcia, Selvoli, Traversa dei Monti, Pieve a Salti, Castiglion del Bosco tra strada bianca e asfalto. Un viaggio a pedali che da qualche tempo è diventato anche un percorso permanente di assoluto splendore come è già successo per l’Eroica di Gaiole e diventerà, c’è da scommetterci, strada di “processione ciclistica” in qualsiasi stagione e con qualsiasi compagnia. Un happening del ciclismo che fu, quello della polvere, delle facce antiche e delle mani grosse sospeso tra passato e futuro. Un rito che ogni anno si rinnova dove c’è chi finalmente arriva, chi torna, chi si dispera per non esserci e dove chi non c’è più c’è lo stesso nel ricordo di una famiglia che non dimentica.