La sfida olimpica? Far innamorare i ragazzi dello sport
Milano e Cortina festeggiano, brindano in piazza, cantano e ballano. Ed è l’inizio di un’avventura che potrebbe trasformare due città e che potrebbe avere lo stesso effetto formidabile che per Milano ha avuto l’Expo. Anzi di più. É fatta, i Giochi invernali 2026 arrivano in Italia ed ora quasi certamente sarà una corsa a salire sul carro olimpico perchè tutti (ovviamente) l’avevano detto e tutti (ovviamente) ci avevano creduto. E invece no. Queste saranno sì le olimpiadi italiane, ma saranno soprattutto le Olimpiadi di Milano e di Cortina, della Lombardia e del Veneto, di Sala e di Ghedina, di Zaia, di Maroni, di Giorgetti e del presidente del Coni Giovanni Malagò che, dopo lo schiaffone grillino preso a Roma, i dubbi del governo e dopo il «no» dei cinque stelle a Torino, ha avuto il merito di continuare a crederci e di tenere unita una squadra che in questo progetto ci ha creduto subito senza tentennare. E ora saranno appalti e impianti, strutture di accoglienza, servizi, ospitalità. Saranno «danè», coperture economiche e anche politiche. Ma per diventare davvero l’occasione che sono questi Giochi dovranno essere soprattutto cultura e spirito olimpico, dovranno coinvolgere i ragazzi cioè coloro che tra sette anni le vivranno in prima persona, qualcuno magari anche da protagonista. Oggi quasi tutti vanno su un campo di calcio, su una pista di atletica o in una piscina solo perchè frequentano corsi, camp, stage. Solo perchè ce li portano i genitori, magari i obbligano. Altrimenti niente, se ne stanno a casa a rintronarsi sul cellulare. Non c’è spontaneità, non c’è passione. Una città olimpica deve cominciare o ricominciare da qui. Deve tenere sempre aperti i suoi impianti per permettere ai ragazzi di entrarci se ci passano davanti, se si incuriosiscono, se ne hanno voglia, se solo gli gira… Deve renderli gratuiti, allegri, «fighi». Deve farli diventare qualcosa di bello, dove un giovane di 15 anni va, si diverte e magari s’innamora. E non solo dello sport…