Da Scarponi a Pozzovivo: così la bici muore…
Un’auto travolge Domenico Pozzovivo e, come il corridore della Bahrein dice quasi in diretta alla moglie in una telefonata subito dopo l’incidente, mette fine alla sua carriera. Speriamo di no, ma gli è andata bene. Sì perchè la notte prima a Cervia per un 25enne finito sotto le ruote di un’auto guidata da una coetanea “fatta” e “ubriaca” non c’è stato scampo. Viene trascinato per qualche centinaio di metri sull’asfalto, poi la ragazza toglie la bici rimasta incastrata sotto il paraurti e se ne va. Fine. Fine di tutto. Fine del delirio che ormai sono le strade del nostro Paese per i ciclisti e inizio di un altro delirio che non si può leggere. Che non si può più sentire e sopportare. La litania più o meno è sempre la stessa: “Si però i ciclisti…”. Vanno senza luci la sera, non hanno il casco, pedalano affiancati sulle strade trafficate, non si fermano ai rossi, vanno in bici con le cuffiette, sono arroganti, incoscienti, la strada è tutta loro… Insomma se la cercano. E invece no. Non si cercano un bel nulla perchè la realtà è che oggi in Italia andare in bici è oggettivamente un rischio ma non per colpa di chi pedala. E monta la rabbia quando, nel vuoto pneumatico di un Paese che ha una cultura delle mobilità da Medio Evo, l’unica cosa che si sente dire è che i ciclisti devono fare più attenzione, devono essere più rispettosi del Codice, devono mettersi nelle condizioni di non correre rischi, devono essere gentili, educati, devono ringraziare se un’auto ad un incrocio rispetta uno stop e li lascia passare. La domanda sorge spontanea: ma come si crea una cultura del rispetto sulla strada? Come si promuove la mobilità ciclistica o “dolce” che pare sempre più un eufemismo buono solo per il marketing di politici a caccia di categorie votanti? Interessa davvero al nostro Parlamento? Interessa nel senso che ci sono progetti seri per migliorare codici, leggi, strutture? Ci sono norme di legge che puniscano più severamente chi nei centri urbani non rispetta i 30 orari? Ci sono pattuglie e telecamere che controllino davvero e non servano solo rimpinguare le casse dei Comuni? C’è la voglia di scoraggiare davvero l’uso ( l’abuso) del telefonino alla guida? C’è la volontà di chi amministra di migliorare strade, segnaletica, di delimitare le banchine (ad esempio) con una linea gialla che già sarebbe un passo avanti? E si potrebbe continuare. E soprattutto credo che nel teatrino delle recite quotidiane valgano le parole. Ci stiamo ormai dimenticando del valore della parole, nel senso che molto spesso si dicono delle cose (tante cose) nella certezza che poi nessuno ricorderà, nessuno tornerà a puntualizzare. Sulla sicurezza dei ciclisti sulle strade in questi ultimi mesi di incidenti c’è stata la fila a pontificare e a dire cazzate. E invece è successo poco o nulla. E’ successo che probabilmente avremo qualche bimbo in più che pedalerà mettendosi il casco ma ne avremo sempre di più che a pedalare non ci penseranno proprio per le giustificate paure dei genitori che prima di comprar loro una bici ci penseranno non una ma dieci volte. Da Scarponi a Pozzovivo poco purtroppo è cambiato se si fa eccezione di chi per difendere i ciclisti si batte come un leone. Anzi no è cambiato moltissimo perchè avanti così’ la bici muore e sulle strade ci sarà solo qualche eroe coraggioso . Ma ( forse) è ciò che tanti sperano…