Maratona sotto le due ore per “sgretolare” la storia
C’è tutto: mito, ricerca, tecnologia, scienza. C’è anche il business, ovviamente. Perchè una maratona sotto le due ore è storia e conta scriverla per primi. Conta per gli atleti ma conta anche per sponsor e aziende. Così sabato a Vienna Eliud Kipchoge, 34 anni, keniano di Nandi County, ci riprova. Ci riprova nell’Ineos 1.59, il tentativo di record che segue quello fallito di un soffio lo scorso anno sul circuito di Monza e che vedrà oltre 200 Paesi collegati , la diretta su Ineos159challenge. com, quella su Youtube e quella su Fox Italia. Sabato è il giorno ma potrebbe anche non esserlo perchè a disposizione del campione keniano ci sarà una settimana intera per scegliere la giornata dalle condizioni perfette. Tutto pronto, tutto studiato nei dettagli dalla Ineos, l’azienda del miliardario inglese Jim Ratcliffe, l’uomo più ricco di Gran Bretagna, che si è fatta carico dell’organizzazione di una maratona che ovviamente non sarà certificata dalla Iaaf perchè gara non è. E’ una sfida nelle sfida per correre 42 chilometri e 195 metri in un’ora e cinquantanove minuti, per sbriciolare il record del mondo di 2h01’39” stabilito a Berlino sempre dallo stesso Kichoge, per abbattere un limite che fino a qualche anno fa sembrava fantascienza. E’ una maratona ma in realtà è un’altra cosa. Si corre nel parco del Prater, lungo l’Hauptallee, la lunga strada alberata che divide il parco, con sole due curve a 180°. La strada è stata completamente riasfaltata e la corsa si disputerà lungo un circuito di 9,6 km, con due cambi di direzione che dovrebbero permettere al keniano di risparmiare fino a 13 secondi rispetto ai circuiti tradizionali. Non ci sarà gara, non ci saranno avversari, ma 41 lepri che correranno tutti per il keniano predestinato a scrivere la storia. Per abbattere un muro che nello sport è più muro di altri perchè le due ore di corsa in una maratona, in quei 42 chilometri e 195 metri che sono il mito dell’atletica, sono stati da sempre un punto fermo. Per abbattere quel record si è sempre detto che sarebbe servito un atleta bionico, costruito in laboratorio. Altrimenti, seguendo le naturali logiche dell’evoluzione, si sarebbe dovuto attendere. Ma forse il momento è arrivato