Eroica e Uci: nasce il “mondiale” degli sterrati
Tacciono le radioline, si spengono i computer, i watt tornano ad essere solo un’unità di misura. E si torna a pedalare, a far fatica senza far di conto, a scattare se uno ti scatta in faccia perché l’istinto dice che non bisogna farlo andar via, perché ti si chiude la vena e bisogna andarlo a prendere anche a costo di saltare per aria come un tappo di prosecco. Si torna ad andare in fuga dando retta al cuore e alle gambe che «girano» anche se alla fine mancano tanti chilometri e tante montagne, forse troppe per l’algoritmo che ti consiglia di stare in gruppo e dare tutto negli ultimi metri.
«E’ il ciclismo bellezza…». Quello di una volta, scarmigliato e romantico, senza gel e lustrini, quello dei ciclisti forti e muscolosi, quello dove la va o la spacca. Quello degli eroi che hanno fatto la storia e ora provano a scrivere il futuro per ridare un senso ad un pedalare troppo ragionato e troppo calcolato, troppo «fighetto» e prevedibile che pare essersi un po’ incartato e rischia di venire a noia. Giancarlo Brocci, il fondatore dell’«Eroica» di Gaiole in Chianti, un happening ciclistico con bici d’epoca che oggi è un evento internazionale, pochi giorni fa ha incontrato David Lappartient, presidente dell’Uci, il governo mondiale del ciclismo, nella sede di Aigle in Svizzera. I due si sono parlati e si sono intesi. L’idea è quella di dare vita a un circuito di gare sullo sterrato, una sorta di mondiale delle strade bianche, che dia nuova linfa ad uno sport sotto assedio, diventato frenetico e costretto da un calendario di gare ormai senza pause. Non solo. Uno sport che, dopo i tanti troppi incidenti sulle strade comincia anche ad essere considerato nel pensare comune troppo pericoloso. «Stiamo lavorando su questo, perché crediamo che lo sterrato sia nel Dna del nostro sport fin dall’inizio e adesso è tornato estremamente popolare- spiega Lappartient- Il ciclismo cambia e dobbiamo cambiare anche noi. Certo, le federazioni internazionali sono un po’ come le grandi navi, lente da manovrare, ma c’è consapevolezza che dobbiamo adattarci alla realtà di oggi e anticipare quale sarà il futuro».
E allora si va verso un passato che non invecchia, un passato moderno, quasi futuribile perché spesso per andare avanti c’è necessità di fare qualche passo indietro. «Con L’eroica in tanti si sono allungati la vita- spiega Brocci- Abbiamo salvato migliaia di bici che altrimenti sarebbero finite alla sega in un ferrovecchio ma soprattutto lo spirito di uno sport che è diventato esasperato e scontato. Ad Aigle con Lappartient ho rappresentato un pensiero, un popolo ed una storia. Ho parlato di ciclismo eroico, di ciò che abbiamo messo in movimento da un quarto di secolo, dell’idea di recuperare strade dimenticate, a partire da quelle senza asfalto, veicolando un messaggio di ricerca di libertà, di sicurezza, di necessità di togliere uno sport così grande dall’assedio del motore e, troppo spesso, dell’inciviltà».
Ma cos’è veramente l’Eroica, la woodstock del ciclismo che ogni anno nel Chianti porta al via quasi ottomila appassionati da 58 Paesi e che oggi si corre anche in California, SudAfrica, Gran Bretagna, Giappone, Spagna, Olanda e Germania? Cosa sia veramente forse lo sa solo questo medico un po’ «visionario» che più di 25 anni fa è riuscito a fermare il tempo frullando insieme passato e futuro di uno sport immortale. L’Eroica non è solo un infinito raduno di ciclismo. E’ il Natale di chi pedala con la sua vigilia, la sua attesa, i suoi doni sotto l’albero. Sono bici, scarpe, maglie, cappellini, barbe e baffi antichi. Persone, amici, che si conoscono, che si ritrovano, che si ricordano. Che mancano. Un popolo di passione, giovani e meno giovani, uomini e donne di ogni latitudine. L’Eroica è fatica vera sono 50, 100, 209 chilometri, sono salite, sono partenze all’alba e arrivi a notte fonda.
Come una volta, senza esibizionismo, senza recite. Sono strade bianche, sudore, qualche bicchiere di Chianti e anche un piatto di ribollita. L’Eroica è senza tempo, nel senso che si arriva quando si arriva e va bene, anzi benissimo. Sempre. Perché qui non si taglia, anzi si fa la coda per un timbro. Qui ci si ferma, si riparte e ci si ferma ancora. Senza fretta. L’Eroica è l’elogio della lentezza in una vita che impone invece di andare veloci. Sempre più veloci. Qui invece ognuno ha la sua di velocità e anche chi va piano a suo modo va veloce. Basta intendersi. Perché non c’è fretta, perché si vuole godere più a lungo e si torna padroni del tempo. L’Eroica è la quintessenza del vivere lieve. «Per essere Eroici bisogna conoscere la storia, l’anima e la meccanica del ciclismo – ripete Brocci – Che è stile, benessere, e rispetto. Che è amore per lunghe distanze, che è fermarsi quando si incontra qualcun altro in difficoltà, che è un mondo a parte. Un mondo di romantici impallinati che credono di aver capito tutto e pensano di poter salvare il ciclismo alla noia». E forse hanno ragione loro.