Quando il caffè diventa doping?
Un buon caffè pochi minuti prima di una maratona, di un’uscita in bici, di un tuffo per un triathlon ci sta sempre. Per chi lo ama e lo sopporta il “caffettino” pre-gara è un rito, una scaramanzia, un gesto di quelli che portano bene. Magari con qualche cucchiaino di zucchero in più che serve sempre a rinforzare le scorte d’energia che col passare dei chilometri verranno meno. Gli ultimi studi in materia di alimentazione passano ( anche ) da qui ma poco c’entrano con la forma dei chicchi, l’aroma o la tostatura. Sotto la lente degli studiosi ( e non è la prima volta) sono finiti gli effetti della caffeina sulle nostre masse muscolari e sulla loro capacità di resistere agli sforzi di lunga e lunghissima durata. In estrema sintesi si può dire che le alte dosi di caffeina aumentano la potenza muscolare e la resistenza, consentendo, di fatto, l’aumento delle performance fisiche prima di un’attività sportiva, sia una semplice corsa al parco, sia una maratona. È quanto dimostra lo studio di Rob James, ricercatore inglese della Coventry University presentato qualche tempo fa al Meeting Annuale della Society for Experimental Biology a Praga. James ha indagato sulle implicazioni nello sport competitivo e lancia un allarme che potrebbe avere effetti non trascurabili sugli effetti dopanti: «Assumere alte dosi di caffeina per esempio attraverso pasticche o liquido concentrato non è difficile -spiega- e molti atleti potrebbero trovare allettante farlo prima di una gara». Gli esperti hanno condotto uno studio su “atleti” molto particolari, dei topolini che dovevano cimentarsi in vari tipi di sport, svolgendo cioè sia attività di resistenza (l’equivalente della maratona), sia attività di breve durata ma ad alta intensità di lavoro muscolare (l’equivalente dei 100 metri). È emerso che un’elevata concentrazione di caffeina (pari a 70 microgrammi) corrisponde a un aumento di circa il 6% delle performance muscolari in ciascuno dei due tipi di attività. Persone che bevono molto caffè possono arrivare ad avere nel sangue anche 35-50 microgrammi di caffeina, quindi non sono molto lontane da quella soglia di 70 risultata efficace nei topi. “Questi risultati sono significativi – conclude James – e piccoli aumenti di performance ottenibili attraverso la caffeina potrebbero fare la differenza tra vincere una medaglia d’oro e non arrivare sul podio in una gara alle Olimpiadi”. Va ricordato al tal proposito che la caffeina è stata inserita nella lista delle sostanze dopanti dalla Commissione medica del CIO da quando è stato appurato che veniva assunta dagli atleti ad alti dosaggi per le sue proprietà eccitanti. A tal fine la caffeina veniva somministrata prevalentemente in forma di preparato farmacologico. Per non vietare del tutto la possibilità di bere bevande contenenti caffeina è stato fissato un valore minimo di 12 microgrammi di caffeina per ml di urina. Solo se la concentrazione della caffeina nel campione di urina di un atleta supera questo valore il risultato del controllo viene dichiarato positivo.