La libertà di andare in bicicletta
Qual è il piacere della bicicletta? Qual è il senso di spingere sui pedali, di far fatica, di litigare con il vento che non ti dà mai tregua? Qual è l’essenza di un “arnese” che riempie gli occhi di gioia ai bambini così come agli adulti che, proprio per questo, restano per sempre un po’ bambini? Qual è la bellezza di un gesto che sfida l’equilibrio, che è un’esercizio di pazienza, di tenacia, che è movimento, conquista e libertà? Qual è il significato pieno di un mezzo che è passato nella storia ed è oggi più che mai nel futuro delle nostre vite, dello sport, della mobilità e dell’economia lo spiega con un scritto che non ha tempo Alfredo Oriani, scrittore e intellettuale faentino di grande rilievo nella letteratura di inizio ‘900. ” La Bicicletta”, pubblicato da Zanichelli nel 1902, è un manifesto su quel mezzo futuristico che la borghesia del tempo non amava e che , in quegli anni, il medico-antropologo Cesare Lombroso sosteneva fosse utile solo ad anarchici, ladri e sovversivi, cioè a gente che compiva malefatte e aveva la necessità poi di fuggire il più in fretta possibile.
Il piacere della bicicletta è quello stesso della libertà, forse meglio della liberazione. Andarsene ovunque, in ogni momento, arrestandosi alla prima velleità di un capriccio, senza preoccupazioni come per un cavallo, senza servitù come un treno,. La bicicletta siamo ancora noi che vinciamo lo spazio e il tempo; stiamo in bilico e quindi nella indecisione di un giuoco colla tranquilla sicurezza di vincere; siamo soli senza nemmeno il contatto della terra, che le nostre ruote sfiorano appena, quasi in balia del vento, contro il quale lottiamo come un uccello. Non è il viaggio o la sua economia del compierlo che ci soddisfa, ma la facoltà di interromperlo e di mutarlo, quella poesia istintiva di una improvvisazione spensierata, mentre una forza orgogliosa ci gonfia il cuore nel sentirci così liberi..