Si sapeva e si è scritto ma ora, col dato di una ricerca coordinata dall’ Università di Pisa  fa ancora più impressione:  se durante il lockdown dello scorso anno le persone avessero potuto mantenere gli stessi livelli di attività motoria, si sarebbero potuti evitare fino al 21% dei casi gravi di ansia o depressione.  Lo studio che ha coinvolto anche gli atenei di  Firenze, Torino, Genova e Messina  e che è stato pubblicato sulla rivista scientifica “Plos One”, è articolato e ha raccolto informazioni sullo stile di vita della popolazione universitaria durante il lockdown tra aprile e maggio 2020 con un sondaggio tra 18.120 studenti, docenti e personale tecnico-amministrativo.  Sotto la lente è finito il disagio psicologico dei ragazzi e non solo che, come tutti, si sono trovati a fare i conti con la pandemia e con le conseguenti limitazioni alla libertà e in certi momenti anche col divieto di fare attività fisica se non in casa.  Il risultato è che i livelli più alti di ansia o depressione sono stati rilevati con maggiore frequenza fra gli studenti che, durante il lockdown, hanno interrotto la pratica dell’attività fisica e tra chi doveva fare i conti con redditi più bassi. Chi è riuscito a praticare con continuità attività fisica durante il lockdown ha avuto un rischio ridotto del 20% di soffrire di ansia e depressione, mentre chi ha interrotto la pratica dell’esercizio fisico ha avuto un rischio maggiore del 50%. Ciò vale una riflessione sulla necessità di non fermare l’attività fisica soprattutto in momenti come questi e, ovunque sia possibile, di incentivarla. Lo sport è un “focolaio virtuoso” che, al di là degli aspetti economici che drammaticamente riguardano chi gestisce gli impianti,  genera benessere ed è l’unico strumento che abbiamo in un Paese sull’orlo di una crisi di nervi di mantenere l’equilibrio.