Da Doumulin alla Biles a Phelps: quando lo sport non diverte più
Vale oro l’argento olimpico di Tom Doumulin nella cronometro olimpica dietro allo sloveno Primoz Roglic. E’ il secondo posto più bello se si considera che, più o meno un anno fa, il campione olandese aveva mollato tutto perchè il ciclismo non lo divertiva più, anzi era diventato un’oppressione. E allora vederlo pedalare in tutta la sua eleganza stamattina sul difficile circuito giapponese, riempie il cuore di gioia più che il podio conquistato per l’uomo ritrovato. Lo sport toglie e lo sport dà. Anche se sempre più spesso i ritmi e le pressioni che gli atleti devono gestire soprattutto in vista di grandi appuntamenti come i Giochi sono macigni difficili da portare sulle spalle per ragazzi che hanno spesso meno di vent’anni e che vivono la loro gioventù tra sacrifici, rinunce e aspettative enormi. La vicenda della ginnasta Simone Biles che fa un errore in gara e lascia l’olimpiade racconta tutto ciò: “Non ho più fiducia in me stessa e sento che non mi sto divertendo più come prima- ha spiegato- So che questi sono i Giochi, volevo farli ma in realtà sto partecipando per altri, più che per me. Mi fa male nel profondo che fare ciò che amo mi sia stato portato via. Non appena salgo in pedana siamo solo io e la mia testa… e lì ci sono demoni con cui devo confrontarmi». Un crollo che fa rumore perchè la 24enne ginnasta statunitense, simbolo di un America che sa andare oltre i suoi limiti, è un mito nel suo Paese e non solo. Una carriera sportiva straordinaria, quattro medaglie d’oro a Rio de Janeiro nel 2016, 5 volte campionessa mondiale in tutte le specialità, è la ginnasta più decorata al mondo e tra le migliori nella storia di questo sport. Ma non conta. Non basta più quando la testa entra in corto circuito. E la sua storia ricorda da vicinissimo quella di Michael Phelps, altro idolo americano, l’olimpionico più decorato della storia dei cinque cerchi con 28 medaglie, di cui 23 d’oro. Scese dalla “giostra” cinque anni fa , raccontando le tante difficoltà emotive apparentemente invisibili dentro la macchina perfetta del suo corpo: «La vera forza è ammettere la propria vulnerabilità- spiegava poche settimane fa- Lo dico chiaro, anche se in passato ho mentito: non si guarisce dalla depressione. Sei spinto a dire che va bene, ma è sbagliato, ti senti sbagliato, diverso dagli altri, buio dentro, la depressione è così. Io ancora oggi a volte ho bisogno di chiudermi in stanza, di stare da solo, la mia famiglia lo sa. Ma ora lo so: è ok non essere ok. Non bisogna essere perfetti. Mi sto impegnando a far capire questo…”