Armstrong 50 anni ma senza nominarlo: “Tu sai chi…”
“Tu sai chi”. Mai nominarlo. Mai pronunciarne il nome come succede per Lord Valdemort, l’antagonista della saga di Harry Potter che nessuno per paura osa chiamare per nome. Il male assoluto, il mago più terribile e potente della Terra che per annientare avversari, nemici e amici che non ha, realizza un incantesimo che però gli si ritorce contro cancellandone i poteri. Fine. E’ costretto a ritirarsi. L’incantesimo che gli ritorna addosso lo rende debole e indifeso agli occhi di tutti. E così chi prima lo adulava e lo temeva trova il coraggio di fargli la faccia truce. Succede sempre così quando si cade. “Tu sai chi” è un po’ anche Lance Armstrong, il cow boy texano, una volta campione oggi demonio e male assoluto. E pazienza se prima erano tutti dalla sua parte, al suo fianco, alle sue feste e sul suo carro. Si fa presto a cancellare le vittorie, si fa presto a cancellare i sette tour e si fa presto a cancellare tutto, ma proprio tutto, anche il buono che c’era perchè se in tanti hanno trovato la forza di lottare contro il cancro un po’ di merito l’hanno avuto anche i suoi scatti da sbruffone sul Tourmalet o sull’Alpe d’Huez. Domani “Tu sai chi” compie cinquant’anni. Mezzo secolo di lotte, sofferenze, gioie, ma anche e soprattutto di delusioni per il personaggio più controverso (odiato o amato) dello sport di questi anni. Dieci anni fa il suo ritiro, la fine di una carriera che in tanti definiscono il più grande inganno della storia del ciclismo e dello sport. Uno shock che arriva il 24 agosto del 2012 quando l’USADA, l’agenzia antidoping americana, ufficializza i suoi “traffici”, lo squalifica a vita e revoca tutti i risultati sportivi ottenuti dal 1998 in poi. L’accusa è terribile. Un sistema di doping sistematico, diffuso, probabilmente tollerato, perchè il fenomeno texano era un business per tanti, e alla fine confessato in diretta tv in uno dei più seguiti talk show americani. E’ l’inizio di una fine che passa da aule di tribunali, condanne, risarcimenti e un patteggiamento da 5 milioni di dollari con il dipartimento di Giustizia americano per chiudere tutte le pendenze con il governo Federale. Ma piaccia o no “Tu sai chi” resta un pezzo di storia. Resta la sua lunga stagione di vittorie cancellate con il bianchetto dai francesi che così si mettono la coscienza a posto ma soprattutto resta la sua battaglia contro quel tumore ai testicoli in fase avanzate che nel 96 lo toglie dalle gare. Restano il suo coraggio nella malattia e il suo esempio che per tanti è stata una speranza. Lance ciclista non esiste più. “La bici non è più la mia vita- racconta qualche anno fa Edition du Soir, il foglio digitale del giornale francese Oest France – Sto recuperando, passo il tempo con i miei figli, viaggio e dedico molto più energie alla lotta contro il cancro. Ho confessato, che altro posso dire? Sono ancora in un tunnel, ma spero di arrivare alla fine. Forse ho pagato per tutti, certo ho fatto parte di una generazione di ciclisti che ha ereditato le abitudini della generazione precedente. E non c’è mai stata un’indagine su quello che hanno fatto prima di me…”. Fine. E invece no. Come sempre capita con Armstrong, qualsiasi cosa faccia, dica o pensi si scatenano le polemiche, le illazioni, gli insulti. Se decide, da semplice appassionato di fare una garetta in mountainbike viene messo in croce, se viene invitato come ospite da qualche parte è sempre inopportuno, se decide di andare a trovare un amico in depressione come Jan Ullrich lo fa per calcolo e convenienza. Insomma è sempre in malafede. Può essere. Può darsi che sia così ma l’atleta (e l’uomo) ha pagato il giusto prezzo alle malefatte e non solo in dollari. Gli è stato tolto tutto e ora intorno a lui è terra bruciata, giusto o sbagliato che sia questo è. Nessun perdono. Nessuna possibilità di riscatto, nessuna seconda o terza chanche che tra i dopati dello sport viene concessa a tutti. E non solo tra i dopati ma anche a chi si macchia di delitti ben più gravi. Ma Armstrong pare il peggiore dei boss, un malavitoso da cui stare alla larga, da tenere ai ferri fino alla fine dei giorni. Fine pena mai. Così domani per i cinquant’anni non ci saranno auguri. E se ci saranno pochi lo nomineranno perchè “Tu sai chi”…