Milano-Cortina 2026: i Giochi non sono fatti
Titoli di coda sulle Olimpiadi invernali. Con un fantastico bottino di medaglie, con qualche polemica e con il sindaco Beppe Sala che domani a Pechino si prepara a raccogliere le consegne e a riportare dalle nostre parti fiaccola e bandiera. Tra quattro anni tocca a Milano e Cortina. Ci siamo: ed è l’inizio di un’avventura che potrebbe trasformare due città e che potrebbe avere lo stesso effetto formidabile che per Milano ha avuto l’Expo. Anzi di più. Saranno sì le Olimpiadi italiane, ma saranno soprattutto le Olimpiadi di Milano e di Cortina, della Lombardia e del Veneto, di Fontana, di Zaia, di Giorgetti e del presidente del Coni Giovanni Malagò che, dopo lo schiaffone grillino preso anni fa a Roma e dopo il «no» dei cinquestelle a Torino, ha avuto al suo fianco una squadra che in questo progetto ci ha creduto subito senza tentennare. Ma saranno anche i Giochi di appalti e impianti, strutture di accoglienza, servizi, ospitalità. Saranno «danè», coperture economiche e anche politiche sperando che non ci siano «pasticci». Ma per diventare davvero l’occasione che sono, questi Giochi dovranno essere soprattutto cultura olimpica, coinvolgere i ragazzi, cioè coloro che tra quattro anni li vivranno in prima persona, qualcuno magari anche da protagonista. Una città olimpica deve tenere sempre aperti i suoi impianti per permettere ai giovani di entrarci se ci passano davanti, se si incuriosiscono, se ne hanno voglia, se solo gli gira. Deve renderli gratuiti, allegri, «fighi». Deve farli diventare qualcosa di bello per un giovane di 15 anni quasi come fossero uno dei tanti locali della «movida». I Giochi bisogna iniziare a disputarli ora, sfruttando l’effetto olimpico con eventi che coinvolgano i ragazzi nelle scuole ma soprattutto che coinvolgano le tante realtà sportive sul territorio, società più o meno piccole che sono una risorsa fondamentale e che organizzano ogni domenica tra mille difficoltà economiche e burocratiche manifestazioni di cui spesso nessuno sa nulla. Un mondo di passione e volontariato che Covid e lockdown hanno minato e che andrebbe invece aiutato anche finanziariamente. Lo sport non muore perché non ci sono impianti, che non è sempre vero, ma muore perché chiudono le società che portano i ragazzi ad allenarsi negli impianti. Allora il primo passo è quello di coinvolgerle in un progetto olimpico cominciando, ad esempio, a realizzare un calendario che indichi tutte le gare che si svolgono, chi le organizza, come ci si iscrive. Una iniziativa che deve coinvolgere il Coni regionale, ma anche le amministrazioni, le federazioni, l’Anci. I Giochi non sono fatti, bisogna cominciare subito.