Caro bollette: e c’è uno sport che chiude
Purtroppo lo sport viene ancora considerato da chi amministra come un divertimento di cui si può fare benissimo a meno e quindi, se c’è da «tagliare» o da «stangare» per far tornare i conti, si comincia proprio da lì. A Milano, come ha fatto capire il Comune qualche settimana fa nella Commissione che riguardava le sue società Partecipate, il rischio che ad agosto molti dei suoi impianti e delle sue piscine possano restare chiusi e che le tariffe vengano aumentate negli altri è più che concreto. É una pessima notizia, soprattutto un pessimo biglietto da visita per una città che in questi quattro anni dovrebbe fare tutto il possibile per essere «Olimpica» nei fatti e non solo a parole. La crisi e la difficoltà di Palazzo Marino e di Milanosport non dovrebbero ricadere sugli sportivi, sulle famiglie degli sportivi e sui ragazzi che fanno sport. Una amministrazione virtuosa lo sport non lo cancella, anzi. Dovrebbe fare di tutto per incrementarlo cercando di razionalizzare le spese, cercando sponsor, cercando formule di gestione che coinvolgano i privati. Insomma, trovando un modo che non sia quello di chiudere gli impianti o di aumentarne i prezzi. Cercare di far economia tartassando la pratica sportiva è scelta miope perchè è provato che, se il numero dei praticanti cala, aumentano le spese sociali e nel medio-lungo periodo anche quelle sanitarie. Ma lo sport purtroppo nella nostra cultura per molti è ancora considerato «superfluo». É un gap culturale che si paga caro anche perchè sono cambiati i tempi. Lo sport «da strada» non esiste più. Oggi è tutto organizzato. Ci si deve rivolgere a piscine, palestre, scuole calcio, a società, allenatori, preparatori, psicologi, ci sono certificati medici obbligatori da compilare, quote e rette da pagare e via cosi. Fare attività sportiva costa. Se poi gli impianti comunali in estate chiudono o aumentano il prezzo del biglietto il disastro è completo.