Certo che ci sono quelli che stanno a ruota tutto il tempo e poi ti fregano. Che fingono di non averne più e poi sprintano. Che fanno i furbi e vincono.  Ma il ciclismo è sempre capace sempre di sorprendere con grandi gesti.  Che restano e tengono vivi storia e futuro. C’è sempre stata la borraccia di Fausto Coppi e Gino Bartali , da oggi c’è, e ci sarà per sempre, la stretta di mano  tra Jonas Vingegaard e Tadej Pogacar. E vale la pena di esagerare con la retorica, con le parole, con gli aggettivi per raccontare un “attimo fuggente” che mette insieme valori antichi  come la lealtà, l’amicizia, la stima e il rispetto che lo sport eleva.  E meno male che è successo allora, tanto per rimettere qualche punto fermo tra orizzonti confusi. Verranno i bastian contrari a dirci che in uno sport dove ormai impera il business è tutta una pantomima,  parte di uno show.  Verranno i più sgamati a spiegarci che il ciclismo non può dare lezioni e tireranno in ballo la solita storia di chi bara col doping. Pazienza, anzi: chissenefrega.  Ma ciò che è successo oggi nella diciottesima tappa del Tour lungo la discesa del Col de Spandelles quando, dopo una caduta del suo rivale, la  maglia gialla si è fermata ad aspettarlo finisce dritto dritto nella storia. Andrebbe fatto vedere e rivedere nelle scuole, nei centri di formazione dello sport, in tutti gli spogliatoi dove si cambiano i ragazzi (e non solo i ragazzi) per spiegare che la vittoria è ovviamente tutto per chi gareggia ma non ad ogni costo. Che c’è sempre qualcosa che viene prima.  Strano sport il ciclismo dove si gode a far fatica. Dove ci si prende a gomitate in volata, dove si può anche fare a pugni ma dove ciclicamente tornano i grandi gesti antichi.  La stretta di mano che mette tregua ad un duello è un fotogramma in bianco e nero. E’ la forza del ciclismo che si tiene stretto il suo passato e lo tiene da conto come si fa con le persone anziane perchè sa che, dalla sua storia e dalle sue origini, tutto è partito e tutto continua. Coppi, Bartali, Vingegaard e Pogacar: piaccia o no siamo fatti di memoria e il ciclismo riesce ancora a custodirla ed è fantastico che oggi a ricordarcelo siano stati due campioni ancora ragazzini. Siamo tutti convinti di vivere solo presente e futuro ma è solo un’illusione perchè anche le istantanee sono piene di ricordi, anche un post su Instagram o su Facebook è ciò che è ma anche ciò che ognuno è stato. Indipendentemente dall’età il passato è dentro di noi, è la nostra storia, la nostra identità, la nostra cultura. Tra tutti gli sport il ciclismo è quello che di queste cose ha più rispetto. E lo sport che più di tutti ha coscienza della grandezza dei campioni e delle imprese che lo hanno segnato. Ogni tanto vuoi per la fretta, vuoi perchè siamo presi o distratti ce ne dimentichiamo. Ma poi basta  una stretta di mano per rimettere  tutte le cose nel posto che meritano.