Facciamo finta che faccia freddo. Facciamo finta di essere in pieno autunno e stia per arrivare l’inverno. E facciamo finta di metterci un giacchino lungo oppure i manicotti. C’erano una volta le “ottobrate” ora c’è un ottobre che sembra fine agosto con 24 gradi e pieno di sole. Che non è normale, che un po’ d’ansia la mette ma che per chi va in bici o deve fare i conti con le bollette del riscaldamento è quasi una benedizione. Ciò detto l’autunno e l’inverno sono stagione di mountaibike che è un po’ ciò che uno decide di fare quando sale in sella: bici da strada, da campagna, da montagna, da mare e anfibio da spiaggette spesso irraggiungibili. Anche da fiume, seguendo le tracce, le centrali, i canali, le dighe e le invenzioni idriche di Leonardo sulle sponde dell’Adda. Un’ottantina di chilometri da Cernusco lungo la Martesana  fino a Trezzo, Cornate, fino  a Paderno  e avanti ancora tra sterrati che affiancano le sponde del fiume in una giornata tiepida e tersa, per nulla padana. Così si va, con la voglia di arrivare fin dove ce n’è, fino a dove il tempo calcolato per rientrare te lo permette, fino a dove la stanchezza non prende il sopravvento. Quasi sempre con la mountainbike vai dove vuoi andare, dove a volte mai penseresti, dove le strade finiscono però poi continuano, basta cercarle.  Sali dove la maggior parte delle persone normali fa fatica a piedi, scendi su sentieri che vanno verso il silenzio, tagli per qualche ora i ponti con la civiltà chiassosa e intasata. C’è un fascino strano nel seguire strade che spesso non si sa dove  vanno.  A volte ti assale un po’ d’ansia, anche se nello zainetto hai camere d’aria, la brugola del 9, barrette e telefonino… Ti allontani da un paese pedalando sullo sterrato che entra in un bosco e  man mano che vai provi a guardarti indietro. Le case si allontanano,  non si vedono più e il sentiero si fa sempre più stretto e impervio, però si va. Un po ci si avventura e gli unici rumori sono quelli delle tue ruote che fanno scrocchiare il brecciolino e degli animali che si allontanano tra le foglie. E ti fanno sussultare.  E’ un po’ come nuotare. Un po’ come sbracciare tenendo sott’occhio la riga nera rassicurante del fondo della piscina e invece andare da solo in mare aperto allontanandosi dalla spiaggia. Pedali lontano dall’asfalto dove c’è un mondo da andare a scoprire.  Borghi, paesini , piccole chiese,  ristori accoglienti che non sempre ti aspetti . E così  ti ritrovi alla fine di una salitella sterrata che va verso i laghi  nel tepore rifugio dove su una cucina economica sta cuocendo una pentola di carne trita e di verze innaffiate col vino rosso. Sembra il posto più bello del mondo. E forse è davvero così…