Ha perso una gamba su una mina: in gara a Londra per l’Ucraina
«Quando, dopo aver perso una gamba su una mina, ho ripreso a muovermi lentamente su una protesi mi sono reso conto che le cose non andavano così male e che, sebbene fosse un arto artificiale, potevo conviverci. Potevo camminare ma soprattutto avrei potuto anche correre…». Roman Kashpur, militare dell’esercito ucraino, ieri ha corso la London Marathon, una delle sfide più dure, più iconiche che, dopo tre anni di Covid, è tornata finalmente ad essere quell’evento mondiale che ha visto al via i più forti maratoneti al mondo ma soprattutto quasi sessantamila appassionati che hanno corso, faticato e gioito sugli storici 42 chilometri e 195 metri da Greemwich fino a Buckingham Palace.
Kashpur era in gara con il pettorale 45.895 e ha corso un po’ per se stesso, un po’ per ricordare al mondo che la guerra nel suo Paese non è per niente finita e un po’ (molto) per dare una mano a chi come lui in guerra rimasto mutilato. «La mia è una sfida che vuole portare sostegno a chi come me al fronte è rimasto ferito – aveva raccontato al Guardian – Da qualche tempo sono ambasciatore del Cyborg Program of the Citizen (Gromadyanyn) Foundation e proprio grazie a questa Fondazione e all’ente di beneficenza British-Ukrainian Aid con questa maratona londinese raccoglieremo 100mila sterline per le strutture che in Ucraina danno assistenza ai soldati feriti e a chi realizza protesi all’avanguardia».
Si è allenato quattro mesi per questa maratona ma non è la prima volta che partecipa a competizioni sportive: anni fa è stato protagonista ai Games of Heroes in Ucraina e ha stabilito un record nazionale trainando un aereo cargo. «Quando mi sono ritrovato senza una parte di una gamba mi sono detto: “vivrò una vita ancora più attiva, correrò come non mai”. Correre mi dà piacere ed è la migliore motivazione per chi si trova nella mia stessa situazione». E correre a Londra è sempre fantastico per tutti perché con New York, Boston, Chicago, Berlino Tokyo e Parigi, quella londinese è una delle sfide più sognate dagli appassionati. «È stata un’esperienza straordinaria – racconta – Non solo la maratona ma anche allenarmi nelle strade della città. Ho sentito un sostegno enorme per l’Ucraina, ho notato molte bandiere ucraine sventolare sugli edifici ufficiali. E sentire il sostegno di questo Paese è incredibile».
Kashpur, 26 anni, di Khmelnyk a Vinnytska, sposato con Yulia ha due figli Oleksandr e Ivan, dopo l’invasione russa ha portato via la sua famiglia da Kharkiv ed è tornato in prima linea con la protesi come volontario. «All’inizio facevo parte dell’unità speciale Kraken, poi siamo stati trasferiti alle forze armate nella 92ª brigata e attualmente, sto addestrando alcuni ragazzi della brigata meccanizzata». La sua storia comincia nel 2016 quando, all’età di 19 anni, si offre volontario per andare nell’est dell’Ucraina a difendere il Paese. Il 16 maggio 2019, durante una missione di combattimento, però calpesta una mina antiuomo nemica e nell’esplosione perde la gamba destra: «È stato un duro colpo ma non mi ha spezzato – racconta – Così ho pensato subito ad andare oltre e dopo nove mesi di riabilitazione mi è stata applicata una protesi permanente. Subito dopo averla indossata sono uscito e ho camminato per 50 metri. Ricorderò sempre quella corsa come il giorno in cui mi sono convinto che l’amputazione non era la fine della vita ma solo una nuova sfida».
Così è ripartito. Correre una maratona è già una bella sfida, correrla con una protesi ancor di più e come sempre «comanda la testa». Arriva sempre il momento in cui le gambe non vogliono più saperne ed allora arrivare al traguardo diventa una sfida soprattutto mentale. Vale per tutti, vale per tutte le sfide della vita. «Sto cercando di mostrare con il mio esempio che un’amputazione non è una condanna – spiega Kaspur – una protesi non è una limitazione, non è la fine ma solo una nuova pagina nella vita. Non voglio che i miei due figli pensino di avere un padre disabile che si è arreso. E ciò vale anche quanto sta succedendo in Ucraina. Stiamo combattendo una guerra per la nostra esistenza. E la vinceremo…».