Giro, titolo vacante: il solo che l’ha vinto è l’inglesino di “Happy days”
Tre cronometro, otto tappe per velocisti, sette arrivi in salita di cui quattro nell’ultima settimana. Sabato dall’Abruzzo parte l’edizione numero 106 del Giro d’Italia, 18 chilometri e mezzo contro il tempo da Fossacesia Marina a Ortona, una tirata tutta sul mare sulla Costa dei Trabocchi, spettacolo nello spettacolo. Fosse un campionato di boxe si potrebbe dire che il titolo è “vacante”, nel senso che non ci sarà Jay Hindley a difendere la “corona” rosa portata a casa lo scorso anno. A giocarsela, più o meno alla pari, saranno così il belga Remco Evenepoel e lo sloveno Primoz Roglic. Gli altri proveranno a mettersi in mezzo, a tenere le ruote e “dar fastidio” da Joao Almeida a Geraint Thomas a Tao Gheoghegan Hart che è l’unico corridore in gara ad aver mai vinto un Giro. Vent’otto anni, londinese di origini irlandesi, Tao Gheoghegan Hart è un bel ragazzone allegro di quelli che dalle sue parti incontri nei pub durante le partite dell’Arsenal o del Totteham, con una chioma vagamente rossa, tagliata a spazzola come è giusto che sia alla sua età, e una non troppo vaga somiglianza con Ralph Malph, scanzonato protagonista di Happy Days. Bis difficilissimo e improbabile il suo, ma difficilissimo e improbabile lo era anche nel 2020 in piena pandemia. Poi andò come andò. Corsa strana quella di tre anni fa, piena di dubbi, timori, con un arrivo spettrale in una piazza Duomo deserta, in una città spaventata dal virus. Però “tutto scorre” e lo sport è il ciclismo insegnano che bisogna sempre avere fiducia, che bisogna fidarsi. Fu il miglior messaggio possibile allora in tempi di Covid, ma in realtà vale sempre. Bisogna fidarsi anche quando gira male, quando sembra che sia finita, quando sei dietro, quando arranchi, quando ti staccano. Anche per vincere il Giro d’Italia bisogna fidarsi e Tao lo aveva capito in fretta che dei “suoi” si poteva fidare. L’ha vinto così il suo Giro, con le sue gambe e con la sua testa ma anche perchè sapeva che Rohan, Filippo, Jonathan, Salvatore e tutti gli altri sulle ammiraglie, in hotel, in cucina , sul bus e nei magazzini pedalavano dalla sua parte. Vuoi mettere? Ha vinto il Giro più strano della storia, il più tormentato tra bolle, tamponi e mascherine. Al via i suoi compiti erano altri. Chiari. La prima crono in Sicilia col freno tirato perchè c’era Geraint Thomas da scortare fino a Milano e così era stato finchè una borraccia non l’aveva tolto di mezzo. Strana la sfiga. Quando sembra che si accanisca invece ti dà una possibilità. Ma bisogna essere svelti a capirlo. Così Taio, Teo, Tao si è preso un Giro che non era il suo, che non pensava che forse neppure aveva mai sognato. Se l’è preso perchè si e messo anima e cuore nelle mani di uno squadrone che lo ha tirato sulle montagne, che gli ha fatto coraggio quando serviva, che gli ha passato borracce, mantelline, barrette, the caldo e che non lo ha mai lasciato da solo. Serve la squadra, eccome se serve, Serve anche in uno sport dove quando non ne hai più non c’è compagno che tenga e devi solo raccomandarti a tutti i santi che conosci. E non è detto che basti. Eppure è sempre meglio avere qualcuno dalla tua parte, se non altro per consolarti. Sul podio tre anni fa al suo fianco c’erano Jai Hindley e Wilco Kelderman , stessa squadra, secondo e terzo senza degnarsi di uno sguardo perchè nei giorni prima su e giù dallo Stelvio e dal Sestriere si erano passati e sfilati la maglia rosa facendo finta di essere amici. Ce l’avevano in mano il Giro ma non pedalavano nella stessa direzione. Non si sono fidati. E finisce sempre che tra i due litiganti è un terzo a godere e il terzo allora era stato proprio l’inglesino delle Ineos. Che quest’anno torna al Giro, unico campione in carica. Non vincerà, i bookmaker nelle quote lo danno a 10. Ma anche tre anni fa…