La noia nel ciclismo? Non esiste…
Strano sport il ciclismo. Un paio di tappe di pianura e scopri che il gruppo va pian pianino fino a una quindicina di chilometri dall’arrivo e poi “la corsa s’infiamma”. Si lamentano al Processo in Rai, perchè le tappe tocca raccontarle e se poco succede diventa più complicato quindi sarebbe meglio accorciarle. Anche no…Strano sport il ciclismo, uno dei pochi capaci di suscitare passione viscerale o disinteresse totale, non sono previste vie di mezzo. Difficile che chi non ce l’abbia del sangue santifichi i suoi pomeriggi estivi alle tappe di Giro e Tour o una sua serata per godersi una volata del Giro della Norvegia. E in momenti di astinenza valgono anche le replice. Non si scappa. Dalle due alle cinque ci si mette lì, davanti alla tv, e si aspetta che accada qualcosa ma anche se poi non accade nulla va bene lo stesso. Anzi meglio. Le tappe noiose sono quelle dove si fa la differenza, dove ci si conta, dove si capisce chi è dei nostri o chi è solo un parvenue dei pedali. I tapponi piatti, dove il gruppo procede compatto, dove le fughe vanno via all’inizio ma a sei sette chilometri dal traguardo vengono inghiottite con buona pace di chi ci aveva creduto. I trasferimenti infiniti dove i telecronisti fanno i miracoli per inventarsi una telecronaca che abbia un senso, dove il massimo dell’adrenalina è un traguardo a punti a 60 chilometri dal traguardo, dove succede tutto negli ultimi tre chilometri quando si si fanno i treni, si cercano le ruote, si sgomita, si “lima” e si sprinta. E il resto? E gli altri 210 chilometri di corsa? Sono il nulla assoluto. Sono la manna per i malati che vanno alla ricerca dei dettagli, spiano bici, rapporti, occhiali, caschi, scarpe. Colgono chissà quali discorsi tra i capitani che si avvicinano alle ammiraglie e i direttori sportivi, leggono i labiali, si affascinano vedendo i meccanici che regolano un cambio sporgendosi con mezzo busto da un’auto in corsa. Noia assoluta. Noia totale che serve a scremare chi non può capire. Restano in pochi. Viene da dire che restano i migliori, quelli che, conoscono nomi, cognomi, maglie, e numeri. Quelli che se qualcuno allunga, capiscono al volo se sta provando la gamba o se non lo prendono più. Quelli che quando c’è il tappone dolomitico si mettono in ferie. Quelli i tornanti dello Stelvio li conoscono a memoria. Quelli che la noia non esiste…