Lo vedi pedalare e non gli dai due lire…Anzi due sterline irlandesi visto che Ben Healy, nato 23 anni fa a Kingswinford  nelle Midlands occidentali inglesi a 5 miglia  da Dudley, in realtà è irlandese perchè irlandesi sono i suoi suoi e lui ha preferito il passaporto di famiglia pensando che in Irlanda avrebbe avuto più possibilità di pedalare e farsi notare che non in Inghilterra. Capelli  lunghi, barba lasciata andare, orecchini, faccia scanzonata e sorrisetto furbo di chi non si capisce bene se sia più timido o già la sappia lunga,  uno così te lo aspetti di più in un pub del Donegal o a un concerto dei Pogues o dei Waterboys. Invece te lo ritrovi al Giro d’Italia in bici e lo riconosci da lontano perchè pedala male. Ma proprio male.  E’ tutto storto, sta con i piedi larghi, si alza, si risiede, scatta, si agita con le spalle, scatta di nuovo.  Non è un modello di stile, però va forte, fortissimo e quindi gli si perdona parecchio. E’ uno di quei corridori che ha l’allergia a stare in gruppo, infatti appena può se ne va da solo. Sembra che scatti per caso, perchè qualche centinaio di metri più avanti ha appuntamento con i  parenti da salutare,  e poi non lo prendi più. Come oggi nella tappa che partiva da Terni e arrivava a Fossombrone, 207 chilometri agitati quanto un elettrocardiogramma che hanno spiegato che domani Remco Evenepoel vincerà la crono ma che Primoz Roglic in salita lo può staccare. E forse anche Geraint Thomas ed anche Tao Geoghegan Hart.  Due corse. Nella sua Haley un bel po’ di chilometri se li è fatti da solo. Sulla salita dei Cappuccini ha fatto capire subito che lo stile a volte non è tutto, che nel ciclismo conta di più andare veloce, che tanti anni fa quando aveva pensato che la sua carriera ciclistica fosse in mountainbike ha fatto bene  a cambiare idea. A dire il vero  a fargliela cambiare erano stati  i tecnici irlandesi della sua squadra di allora che gli avevano fatto intendere che non era cosa e lo avevano scartato.  Ma  la fine spesso è un nuovo inizio e così il giovane irlandese aveva pensato (bene) di provarci in strada incoraggiato da Martin O’Loughlin l’uomo che ha ricostruito il ciclismo della nazionale irlandese. L’aveva preso in parola vincendo la Ronde de l’Isard in Francia, considerata una delle migliori gare under 23 al mondo, e un tappa al Tour de l’Avenir. Poi sono arrivati la Zappi, il contratto con la Trinity e, due anni fa, quello da professionista con la Education First. “Il ragazzo si farà anche se ha le spalle strette…”  canterebbe Francesco  De Gregori se la “Leva calcistica del 68” fosse stata scritta per un ciclista…In effetti Ben, 175 centimetri d’altezza per 64 chili,  di strada dovrà farne ancora un po’ per chiarirsi le idee perchè cosa sia adesso non lo sa forse neppure lui. Se un passista, se uno scalatore, se un finisseur, se un corridore per le corse a tappe, se qualcos’altro ancora.  Ama la bici e ama pedalare e qui al Giro due anni fa lo aveva già fatto capire vincendo una tappa al Giro Baby che è un bel segnale ma spesso non vuol dir nulla perchè poi tanti si perdono… Oggi però la tappa vinta conta eccome, come contano le vittorie di questo inizio 2023:  primo a Forlì nella terza tappa della Settimana Internazionale Coppi&Bartali; primo a Larciano nel Gp Industria e Artigianato, secondo nelle Ardenne nella Freccia del Brabante  e il secondo nell’Amstel Gold Race quando è stato l’ultimo ad arrendersi sul Kortenberg a quel fenomeno di Tadej Pogacar. E per uno che pedala male, non è male, al di là dei giochi di parole…”Ho avuto una buona occasione e non me la sono lasciata sfuggire- ha spiegato sul traguardo di Fossombrone-  Avevo pensato che quella di oggi sarebbe stata una giornata ideale per centrare la fuga e sono riuscito a entrare nel gruppetto che si è giocato la vittoria. Negli ultimi due mesi sono andato bene e sto ottenendo grandi risultati.  Voglio godermi questo successo e renderlo un punto di partenza per far bene nelle tappe che restano». E piano piano la sua faccia ruba spazio a quella di Sam Bennet, volto noto di una generazione “easy going” che al buon carattere irlandese aggiunge nel suo caso classe e tenacia. Il primo a capire che aveva la stoffa è stato suo nonno che, quando lo ha visto pedalare anni fa su una strada di Cork, si è messo le mani nei capelli pensando forse ciò che pensano un po’ tutti: “My god quanto va forte… Però pedala proprio male…”