La Federazione sta lavorando bene sui giovanissimi e sui giovani ma il triathlon sta invecchiando. E a perdersi è la generazione degli ultra 25enni che, una volta usciti dai giri delle selezioni regionali e nazionali perdono di vista le competizioni e fanno altro, perchè spesso alla loro età c’è anche altro a cui pensare… A lanciare l’allarme è Marco Scotti, storico organizzatore di Elbaman che, con 18 edizioni quest’anno,  è uno dei triathlon sulla lunga distanza più longevi e affascinanti in circolazione. “Guardo i  numeri delle gare storiche in Italia-  spiega- e vedo che di anno in anno i giovani delle prime categorie senior, quelle che vanno dai 20 ai 29 anni, sono sempre meno. Ma ancora peggio, le categorie che erano una volta trainanti, ovvero quelle dei 30-39enni, stanno diminuendo drasticamente sia in valore percentuale che assolutoE questo per il movimento è un problema perchè noi che organizziamo le gare dovremmo chiederci a questo punto per chi le stiamo organizzando…”. Numeri quindi. Numeri che in competizioni storiche come Andora, Cremona, Bardolino o Caldaro, tanto per fare qualche esempio, dagli inizi degli anni Duemila ad oggi hanno percentuali sempre minori di di iscritti nelle categorie senior a favore delle categorie Master, M1, M2 ed M3. « Ormai – accenna Scotti– il baricentro si è spostato definitivamente verso gli over 50 » con cali per i Senior vicini al 20 per cento e in qualche caso anche al 40 per cento: “Basta andare a vedere i numeri ufficiali delle gare per capire che l’età inesorabilmente si sta alzando perchè i triatleti radicati invecchiano e alle loro spalle i rincalzi non sempre ci sono- spiega l’organizzatore di Elbaman- Il problema riguarda soprattutto la distanza olimpica che resta il “core” del nostro sport perchè sulle altre distanze poi subentrano altri fattori: per quelle lunghe il fascino e il richiamo dei marchi che comunque attirano gli scritti;  per le distanze promozionali l’idea che il triathlon sia una nuova sfida per tutti che però sta portando nel movimento molti atleti sui cinquant’anni che contribuiscono ad alzare la media”. E’ un problema generazionale ma forse non solo e una “ricetta” per non perdere la generazione dei “Millenial” al momento pare difficile da trovare anche perchè l’idea che a certi livelli il triathlon resti uno sport “esclusivo” resiste e non aiuta: “Sinceramente da organizzatore non so neppure io bene come si possa invertire questa tendenza- spiega Scotti– certo è che forse andrebbe cambiata la mentalità che fa credere a molti giovani uomini che nel triathlon non si possa gareggiare se non si ha un trainer e se non si pedala su una bici da sei-sette mila euro. Poi andrebbe un po’ rivista la mentalità, tipicamente italiana, che fa sentire i triatleti parte di una elitè quasi a numero chiuso e andrebbero un po’ semplificate alcune regole che rendono l’approccio a questo  sport a volte troppo complicato”.  Qualche settimana fa, presentando il DeejayTri all’Idroscalo, Linus si era detto sicuro che il triathlon diventerà lo sport del futuro, specie nelle sue distanze più brevi. “Perchè la sua forza è proprio nella diversificazione e nella completezza- aveva spiegato il direttore di RadioDeejay– , che permettono ai più giovani di divertirsi spostando in là i propri limiti e ai meno competitivi di vivere lo sport in una maniera più leggera e divertente.…”. Tutto vero. Resta l’incognità di quella generazione di mezzo che arriva dalle gare giovanili, che magari ha fatto parte delle selezioni regionali e nazionali, che ha sempre gareggiato ad alto livello ma poi però una volta che si ritrova fuori dal giro prende altre strade: “Federazione e società con i giovani lavorano bene e il traino di un campione olimpico servirebbe e magari prima o poi arriverà- spiega Scotti– manca però ciò che garantisca la continuità, il futuro prossimo. Il rischio altrimenti è di diventare come la scherma dove abbiamo campioni e vinciamo medaglie ma poi quasi nessuno la fa…”. Cosa fare? “Un primo passo importante potrebbe essere quello di portare gli organizzatori intorno a un tavolo per confrontarsi su idee e proposte-  conclude Scotti-  Anche se ho la fondata paura che ognuno continuerà a pensare per sè e ad andare per la propria strada. Ciò potrebbe anche essere servire da sprone alla Federazione che attualmente è molto impegnata su altri fronti e  considera forse questo un problema di secondaria importanza”.