“E il bello è che vanno sempre a tutta: è come fare una cronometro…”. Francesco Moser  è con il presidente della Fitri Riccardo Giubilei sulle transenne che delimitano la zona cambio della gara Junior che apre la tre giorni dei Campionati giovanili assoluti di triathlon a Lovadina di Spresiano in provincia di Treviso e resta affascinato dall’intensità con cui le ragazze, uscendo dall’acqua, si precipitano verso le bici e ripartono. Tutto in apnea, tutto di un fiato, tutto in un attimo perchè la zona cambio, come ripetono fino alla noia allenatori e  tecnici, non è una pausa della gara ma è dove spesso si vincono e si perdono le gare. E quindi così si fa. Moser è un pezzo di storia del nostro ciclismo e da Verona a San Cristobal a Città del Messico ha scritto pagine indimenticabili di un’avventura che rimarrà per sempre. Ma è rimasto un uomo di sport capace di emozionarsi per uno spettacolo che, probabilmente non conosce e che forse non si aspettava. Spettacolare il triathlon. Spettacolare quello dei ragazzi. Vederli correre e sudare è sempre un’emozione. Che sia l’atletica, il calcio o il nuoto capisci osservando la facilità e le fluidità che hanno nei gesti che lo sport è roba loro. Gli altri (noi) fanno bene a farlo ma dopo una certa età fanno un’altra cosa. Ed è giusto che sia così. Però i ragazzi  sono spettacolari.  Ci sono ragazzi che a 15 anni sono atleti fatti, potenti, veloci imprendibili. Ce ne sono altri che devono ancora crescere ed altri ancora che  arrancano perchè meno dotati ma non mollano un centimetro. Ciò detto i ragazzi per fare sport fanno sacrifici enormi. Guardi un triathlon, una gara di atletica, di ciclismo , di nuoto e li vedi andare come siluri, volare in bici e correre a ritmi assurdi e ti rendi conto che se non ti alleni come va fatto a quei livelli non ci arrivi. Non basta esser giovani, non basta neppure avere talento…Così è lo sport. Sveglie all’alba per nuotare, un panino in autobus finite le lezioni per non saltare l’allenamento del pomeriggio, la versione di latino o l’interrogazione di antologia preparata la sera dopocena finita la corsa. Cotti. Cotti e incasinati. Che a 15 anni è anche un bene perchè la noia è spesso un’autostrada per ficcarsi nei guai. Cotti e organizzati perchè, piaccia o no, quando si hanno tante cose da fare prima o poi si capisce che conviene farle con una logica, altrimenti non se ne viene a capo. Però ci sono i però. Ce ne sono tanti, dai costi agli impianti, ma uno in particolare che forse pesa più degli altri.  Quel però è la scuola che, almeno nel nostro Paese,  lo sport lo considera un’attività e una materia minore, un gioco, un passatempo a cui andrebbero dedicate le ore che avanzano fondamentalmente per distrarsi. In altri Paesi e  in altre scuole lo sport è materia d’esame seria e chi non sa correre, saltare, nuotare o andare a canestro rischia l’anno. Anche se recita a memoria le satire di Giovenale.  Da noi lo sport continuiamo a chiamarlo “educazione fisica” o “motoria” che poi vai vedere una gara una gara di triathlon, di atletica, di nuoto…qualsiasi gara dove corrono i ragazzi e capisci che davvero non significa niente. Che poi vai a vedere i campionati assoluti, vedi Moser che si emoziona e vorresti che al suo fianco ci fosse un preside o anche un professore, magari proprio uno di quelli che il lunedi dopo al gara…interroga.