Il basket (e lo sport) secondo Pozzecco: prendere o lasciare…
La differenza la fa la passione. Sempre. Prendi Gianmarco Pozzecco, ct della nazionale italiana di basket che batte Portorico 73-57 ed approda ai quarti di finale dei Mondiali dopo 25 anni dall’ultima volta in Grecia, proprio nel giorno delle 200 gare in azzurro del suo capitano Gigi Datome che, con Melli e Fontecchio, è stato tra i protagonisti di questo successo. La differenza la fa la passione nel bene e nel male. Perchè è ancora fresca l’immagine di Pozzecco espulso contro la Repubblica Dominicana, della sua rabbia, di un teatrino che si poteva risparmiare, dell’ennesima sua sceneggiata e delle domande che scatena, perchè c’è poco da giustificare o essere indulgenti: vorreste uno così sulla panchina della squadretta di vostro figlio? Ma prendere o lasciare… La differenza la fa la passione che porta un un Ct del calcio a mollare tutti a un paio di settimane dalle qualificazioni europee per andarsene a trovar fortuna in Arabia e un altro nel basket a scoppiare in lacrime per la gioia davanti alle telecamere perchè martedì porterà i suoi ragazzi a sfidare la corazzata Usa guidata da quel Paolo Banchero che sarebbe potuto essere dei nostri e invece non sarà. La differenza la fa la passione nel bene e nel male e allora «Siamo come imbucati alla festa- parole sue- ma giustifico chi non ci ha creduto perchè non conosce i miei meravigliosi ragazzi… Non ci credeva nessuno a questa qualificazione probabilmente solo il papà di Gigi Datome perché sa chi è suo figlio…. Nessuno se lo aspettava ma io conosco il valore di questi ragazzi. In Italia c’è una cultura sportiva che ti porta a dire che o sei scarso e sei favorito…Noi e invece la pensiamo in un altro modo…”. E così il ct azzurro, a modo suo, scrive un altro pezzettino della sua storia che, nel bene e nel male, è sempre stata una storia di passione, di eccessi, di gazzarre, di colpi di testa, di grande cuore e di grandi ribellioni. Una storia tra genio e sregolatezza, di capelli rossi e blu, di sberle in faccia, politicamente sempre poco corretta ma genuina e leale. Grandissimo giocatore, tra gli eroi della Nazionale argento olimpico ad Atene, poi allenatore al quale nessuno ha regalato nulla, capace di conquistarsi una finale Scudetto e una Supercoppa con Sassari, e poi la panchina azzurra, dopo un’esperienza da vice di Ettore Messina all’Olimpia Milano. Una storia, la sua, mai normale, mai banale. Una storia di passione che fa la differenza e che ora ha riportato gli azzurri tra le otto grandi di un mondiale: “Era delle Guuerre puniche che non arrivavamo fin qui. Per ottenere una cosa del genere devi rischiare, noi abbiamo rischiato anche di finir male. Sentiamo che c’è una nazione dietro di noi e penso sia una delle pagine più belle della nostra pallacanestro. A chi lo dedico? Ho una figlia di sei mesi che non vedo da due. Mia madre, la mia famiglia… A Tullio Micol che mi ha insegnato tutto, mi ha insegnato a vivere lo sport cosi…”. Intensamente, con passione, con tutto se stesso, contro tutto e tutti, pagando sempre in prima persona. Nel bene e nel male il “Poz” è così: prendere o lasciare. Meglio prendere…