Da New York a Valencia a Venezia: che senso ha la maratona?
Domani a Venezia saranno in 16mila a correre la maratona. E’ una delle più belle: da Villa Pisani a Stra fino a Riva Sette Martiri tra ville, ponti e passerelle si corre nella bellezza e ovviamente nella fatica. Ma il fascino delle città che si aprono alle maratone è una costante che vale quasi sempre. New Tork e Boston fanno storia a sè ma da Barcellona a Firenze, da Milano a Valencia a Tokyo la possibilità che la maratone offrono di vivere con intensità 42 chilometri di strade, di palazzi, di negozi, di piazze e persone è impagabile. C’è un prima e c’è un dopo; ci sono il viaggio, l’attesa, la vacanza, le sveglie all’alba, la fatica, la gioia del traguardo, le immagini della corsa, dei ristori, della mezza che scorre senza troppi affanni e degli ultimi chilometri che non passano più. Poi c’è il giorno dopo con il film della corsa che si riavvolge dolcemente cancellando tutta la sofferenza. Comunque sia è un’avventura ma per tutti la domanda è sempre la stessa: che senso ha una maratona? Un senso non c’è. Meglio, non ce n’è uno solo. Chi decide di affrontare una 42 chilometri ha sempre dentro qualcosa di speciale. Di speciale per se stesso. Ovunque accada. In un maratona c’è chi parte per vincere, chi per migliorarsi, chi per arrivare, chi per dimostrare che quasi sempre è la volontà che muove ogni cosa. E la maratona, nel racconto personale di ognuno, è la metafora perfetta della vita che non sempre è rose e fiori, che spesso è in salita, che tante volte ci fa chiedere perchè, che è tenacia, gioia ma anche sconforto e voglia di tornare indietro. In quarantadue chilometri tutto ciò passa nella testa e davanti agli occhi più spesso di quanto si pensi. E anche se hai migliaia di persone attorno che corrono e faticano con te, che ti applaudono che ti dicono di non mollare alla fine il conto è sempre e solo il tuo. Così una maratona sono sempre mille storie. Sportive, personali, gioiose, malinconiche e spesso di riscatto. Così la maratona è un bel viaggio da vivere e raccontare che può durare un paio d’ ore ma anche quattro, cinque, quanto serve. La maratona non è un tempo finale, perchè i numeri non sempre contano. Così diventa un’emozione da correre e conservare da New York a Boston, da Milano a Venezia. Non serve altro. Non servono card, non servono chip, non servono medaglie…