L’avvocata che nuota negli Oceani
A nuoto dall’Irlanda del Nord alla Scozia, da Donaghadee a Portpatrick attraversando per 37 chilometri, metro più metro meno sballottati dalle onde, il Canale del Nord, quel braccio dell’Oceano Atlantico nord-orientale che separa le due coste. Acque fredde, gelide soprattutto alle 4 del mattino quando il cielo è nero, il mare ancor peggio e quando tuffarsi è qualcosa di più di un atto di coraggio. Sabrina Peron non soffre nè freddo nè paura e con altri quattro amici spagnoli in 11 ore e 19 minuti ha portato a termine la sua «missione», prima donna italiana a riuscire a concludere una delle Ocean Seven, le sette traversate oceaniche più difficili. Un’altra impresa che si aggiunge al curriculum sportivo già ricco di questa avvocata 59enne di Bassano del Grappa ma milanese d’adozione. Civilista con una laurea anche in filosofia, per «mestiere» si occupa di diffamazione a mezzo stampa e di risarcimenti del danno. Roba seria. Ma quando non indossa la toga è spesso in costume e occhialini a macinare chilometri in acqua. Soprattutto in mare perchè le acque libere sono la sua «fissa» e la passione di sempreSette anni fa infatti è stata la prima donna italiana ad attraversare lo stretto di Catalina, 33 chilometri che separano l’isola da Los Angeles. Prima era toccato a quello di Gibilterra, a quello Messina ed alla traversata del Bosforo. Sei anni fa con l’atleta paralimpico vicentino Enrico Giacomin, ha coperto a nuoto quasi 23 chilometri dall’isola di Vulcano a Milazzo e, all’inizio dell’estate, i 53 chilometri sul Po che portano da Cremona a Casalmaggiore. Quattro anni fa infine è stata la prima italiana a passare a nuoto sotto i venti ponti di Manhattan, nella Island Marathon Swim e tre anni fa, sempre prima italiana a farlo, ha attraversato il canale della Manica. E’ l’unica nuotatrice ad aver inanellato le «Tre Corone», «Triple crown», una sorta di challenge dell’impossibile di open water: il giro dell’isola di Manhattan, la Catalina-California e ora la Manica per un totale di 150 chilometri. «La North Channel mi mancava e come spesso capita in queste cose ho deciso di farla quasi per caso- racconta- Ero a Barcellona per salutare mia figlia che studia in Spagna e, chiacchierando con un amico mentre stavamo bevendo un caffè, è nata l’idea di provarci con una staffetta mista. Tutti amici con la stessa passione non ci hanno messo molto a convincermi anche se non è che fossi del tutto tranquilla…». Nuotatori per passione e non per mestiere. Francisco che nella vita di tutti giorni lavora in una azienda informatica; Gemma segretaria in un’ azienda, Josè infermiere in un ospedale psichiatrico, Ramon maestro di scuola elementare. Detto fatto è partita la sfida. «Come tutte queste traversate l’organizzazione non è semplice- spiega l’avvocata- Per ovvi motivi di sicurezza c’è solo un periodo in cui ci si può provare e va da giugno a settembre. Si deve prenotare una barca con a bordo un medico, due piloti e un giudice dell’associazione che seguono in mare i nuotatori. Po si aspetta che la North Channel swimming association dia la disponibilità per una “finestra“ che dura una settimana in cui si può partire aspettando che il mare e il meteo lo consentano. Così ci siamo messi in coda aspettando il via libera…». Pochi giorni fa l’ok. Con il primo tuffo all’alba dalle coste irlandesi poco sotto Belfast verso la Scozia. «All’inizio le condizioni del mare erano perfette -racconta Peron- poi dopo alcune ore si sono complicate parecchio per la marea che ha portato onde lunghe e alte. Ma il problema vero sono state le “lyons manes“ le meduse che in questo tratto di mare sono davvero moltissime: è andata bene, solo qualche piccolo incontro ravvicinato ma fortunatamente nulla di grave». Undici ore e 19 minuti in un mare a 14 gradi non sono una passeggiata anche perchè le regole che la NCSA impone per l’omologazione della traversata sono rigide: non si può usare la muta, si può entrare in acqua solo con costume e occhialini, non si possono assumere farmaci a meno che non vengano dichiarate e certificate in anticipo particolari patologie, i membri della squadra devono nuotare tassativamente un’ora a testa a rotazione fissa e non si possono saltare cambi pena la squalifica di tutta la squadra e l’annullamento del tentaivo di traversata. «Si è così- spiega l’avvocata- In prativa se uno della squadra fallisce falliscono tutti e in questi mari il rischio che accada qualcosa c’è sempre. A noi è andata bene e arrivare a dall’altra parte della costa a Portpatrick in Scozia è stata una grande soddisfazione. Condivisa e seguita anche da casa sui social dove c’è stato un gran tifo di amici e parenti. C’è stato anche, mentre l’Atlantico si complicava sempre più, è stato colto da un dubbio amletico: “ma devono fare anche il ritorno?». Ovviamente no…