Una piccola multa. Nulla. Van der Poel la fa franca e i responsabili dell’Uci perdono una bella occasione per ricordare che il ciclismo è sport di valori e li fa rispettare. Altrimenti diventa tutta retorica. Retorica sulla presunta superiorità nei confronti di altri sport, soprattutto del calcio dove valgono solo i soldi, dove non c’è rispetto, dove c’è chi simula e via così… Salvo poi ricordare che una ventina di anni fa Francesco Totti che con la maglia della nazionale sputò al danese Christian Poulsen venne espulso per tre giornate con buona pace di tutti. Per Van der poel invece nessuna squalifica, nessuna retrocessione in classifica nella gara che ha vinto: se la cava con una multa di 250 franchi e spiccioli perchè secondo l’Uci è stato provocato e quindi ha delle attenuanti. Può darsi. Ma senza sembrare bacchettoni o moralisti forse in questa brutta storia più delle scriminanti contano le aggravanti per nulla generiche. Cominciamo dalla prima che forse i giudici dell’Uci non hanno valutato. Basta guardare la foto che vede il campione olandese sputare ai tifosi per notare che alla sinistra dell’immagine ci sono due bambini che si sporgono dalle transenne e col telefonino in mano stanno riprendendo la scena. E’ ciò che resterà nello schermo del loro smartphone; è ciò che resterà anche nella loro memoria; è ciò che probabilmente prenderanno a modello perchè Mathieu è il loro idolo, ovviamente da imitare, Vale per loro e vale per la maggior parte dei ragazzi che erano dalle parti di Hulst o collegati in giro per il mondo. Aggravante numero due. Si fa un gran parlare del rispetto della maglia e il fatto di indossare una maglia di campione del mondo aggiunge valore ai gesti nel bene e  nel male. Un campione del mondo è sotto i riflettori più degli altri, ha onori ma anche oneri e in questo caso precise responsabilità purtroppo tradite. Aggravante numero tre. Tutti sbagliano, nessuno escluso. Anche un campione può perdere il controllo e fare cose di cui pentirsi. Appunto pentirsi. Invece l’olandese segni di pentimento non ne ha dati, nessun cenno, nessuna dichiarazione di scuse che invece sarebbero state doverose soprattutto nei confronti di tutti quei tifosi che ammirano la sua straordinaria classe e sono rimasti delusi . Quarta e ultima aggravante. Lo sputo è un gesto triviale, brutto in sè, una reazione becera difficile da accettare anche ammettendo la provocazioni e gli insulti (delle urine non c’è traccia nelle cronache) di un gruppo di gentaglia ubriaca. Si può pensare ciò che si vuole ma  per assurdo meglio sarebbe stato se Van der Poel avesse fermato la bici e fosse sceso a dar loro due schiaffoni. Una quarantina di anni fa al Tour Bernard Hinault non ci penso un attimo a prendere a ceffoni dei tifosi che avevano provato per protesta a fermare la tappa che andava a Nizza. Ma il “tasso” è un bretone ed erano altri tempi. Resta l’immagine di un campione che sputa ai tifosi ed e una immagine che non si può vedere e che purtroppo resta. “Lo sputo a Poulsen è l’episodio della mia vita del quale mi vergogno di più. Non della vita sportiva, della vita tutta, a trecentosessanta gradi. Me ne vergogno così tanto da averlo immediatamente rimosso. Se non ci fosse stato il filmato avrei negato sino alla fine dei miei giorni, e l’avrei fatto in assoluta buonafede, convinto di dire la verità”. Così scrive Francesco Totti nella sua autobiografia “Un Capitano”. E per una volta il calcio dà una lezione al ciclismo.