Dagnoni: “A Milano servono un velodromo e la Sei Giorni”
«Milano ha bisogno di un velodromo e di riavere una Sei Giorni…». Che detto da Cordiano Dagnoni, presidente della Federazione ciclistica italiana, suona come qualcosa di più di un semplice desiderio. Vale il «ruolo» ma vale anche la passione perchè il numero uno della Fci viene da una famiglia di, i piloti che guidano i e le moto che fanno scia ai ciclisti. La pista quindi è al centro dei suoi pensieri e quindi anche un impianto che, come in quasi tutte le altri grandi città europee, permetta di riportare a Milano la grande kermesse di una Sei Giorni e soprattutto consenta alle tante società di ciclismo giovanili di aver uno spazio dove portare i ragazzini ad allenarsi in sicurezza. «Dopo il running siamo lo sport più praticato- spiega- Il ciclismo è popolare e in crescita ma deve fare i conti, soprattutto nelle grandi città, con la paura dei genitori che tremano a mandare i loro ragazzi sulle strade in bici. Per questo gli spazi protetti sono indispensabili ai più piccoli per entrare in confidenza con la bici e per imparare poi a destreggiarsi anche nel traffico…». In città gli spazi per le scuole di ciclismo non ci sono, spesso chi allena i ragazzi si arrangia nei posteggi dei centri commerciali o in zone industriali non trafficate: «Le olimpiadi che Milano ospiterà nei prossimi anni potrebbero essere un’occasione buona- si augura Dagnoni- Lasceranno ai milanesi una pista del ghiaccio? Forse sarebbe più utile per la comunità se lasciassero in eredità un velodromo…» Milano non ha una pista coperta ormai da quarant’anni, da quando nel 1985 il Palasport di San Siro crollò sotto il peso di una enorme nevicata. L’ultima Sei Giorni si corse al Palazzetto l’anno prima, poi ci furono tre edizioni al Forum nel 1997, ’98 e ’99 che non ebbero seguito perchè i costi per adattare la pista all’impianto erano troppo alti e, in tempi più recenti due edizioni «ridotte» della Sei Giorni si corsero in Fiera a Rho su una pista realizzata per l’occasione durante il Bike Show. «Ma non è la stessa cosa- spiega Dagnoni- Milano ha tutti i numeri per poter ospitare una grande kermesse sullo stile di ciò che avviene in Olanda a Rotterdam, in Germania a Berlino o in Belgio a Gand, eventi che raccolgono grande pubblico e sponsor. Sarebbe una opportunità non solo ciclistica perchè le Sei Giorni sono anche eventi commerciali e di spettacolo. E Milano in questo senso oltre alla storia ha un appeal indiscusso. Chiaro che servirebbero nomi di richiamo, penso a campioni come i nostro Filippo Ganna, Elia Viviani ma ovviamente anche altri». Una Sei Giorni potrebbe tornare il prossimo anno come evento inaugurale del restaurato Palazzo delle Scintille, nuova arena cultura e sportiva milanese della città e già «teatro» storico per il ciclismo su pista e la grande boxe negli anni passati. «Sì è così il progetto c’è ed è a buon punto- conferma Dagnoni- Ma in Federazione stiamo lavorando per un “numero zero“ della Sei Giorni in una data del prossimo autunno nel velodromo di Montichiari. Certo non è Milano, ma sarebbe importante per riportare il clima di un grande evento: la pista è già pronta, il parterre perfetto per ospitare atleti ed ospiti, l’unico limite è che le tribune sono un po’ piccole…». Sarebbe il primo passo per riaccendere il sogno di tanti appassionati e forse anche quello del presidente della Fci che l’amore per la pista l’ha ereditato da suo padre. Mario Dagnoni è stato infatti per anni uno degli stayer mitici del ciclismo «dietro motori» e ha corso con i più grandi, Fausto Coppi compreso. Ha trasmesso la passione ai suoi tre figli, tutti «piloti». «Christian ancora gareggia- racconta Dagnoni- io ho invece dovuto smettere quando sono stato eletto perchè c’è una norma federale che me lo vieta. Restano i tre titoli europei, i dieci campionati italiani che ho vinto e una passione per la pista rimasta intatta. Dalle moto, ai derny, dalle bici ai caschi con i miei fratelli molto abbiamo raccolto e collezionato nel museo della nostra famiglia». E’ storia ma sarebbe bello tornasse ad essere ancora il presente.