Il Giro di Tadej, comunque vada…
Dall’inizio alla fine Gianni Bugno resta là ma nel bene e nel male sarà il Giro di Tadej Pogacar. Che la maglia rosa la prenderà domani ad Oropa, il traguardo di Marco Pantani. Che oggi non ce la fa perchè a mettergli le ruote davanti sono Jonathan Narvaez e Maximilan Schachmann. Che sullo strappo mortifero di San Vito, una Redoute sabauda, annienta tutti tranne l’equadoriano della Ineos che gli resta attaccato non si sa come e lo liquida allo sprint. Che non ha rivali e forse questo è il vero problema. Prima tappa che spiega, a chi aveva ancora dei dubbi, che giro sarà questo 107. Sarà il Giro di Tadej perchè così sta scritto nella partitura che tanto ricorda la cavatina di Figaro nel Barbiere di Siviglia. Tutti cercano, tutti lo vogliono, tutti aspettano, lo guardano, lo studiano, lo applaudono… E’ il destino dei campioni e non si sfugge. E lo sloveno non ha nessuna intenzione di sfuggire. Così pronti via fa “sconquassi” in 140 chilometri che sembrano scritti per una sfida per dilettanti e che invece lui decide di trasformare quasi in un tappone: fughe, distacchi, buchi, squadre che si sbriciolano, favoriti che già da stasera favoriti non sono più. C’era fino a qualche anno fa un ciclismo appiattito sulle tattiche, c’è n’è uno oggi che sa di antico ma che è immensamente moderno. Ed è il ciclismo di questo sloveno dalla faccia pulita da studente un po’ “secchione” . Uno di quelli che trovi a ripassare in un giardino del Politecnico o nel chiostro della Statale prima di un esame, uno di quelli svegli, che capiscono tutto al volo, che gli basta dare un’occhiata agli appunti, che leggono una volta e ricordano, che non ripetono ad alta voce però poi gli esami li passano sena troppi patemi d’animo. Uno di quelli che in bici al massimo fanno le ciclopedalate o che la domenica fanno la gita fuori porta con gli amici o con la fidanzata… Dal Colle della Maddalena a San Vito ha ribaltato una corsa e pazienza se poi l’ha persa. E pazienza se da domani si comincerà a dire che così sfinisce squadra, che non sa cosa sia la tattica, che sbaglia, che esagera, che è troppo… C’è un ciclismo della logica e ce n’è un altro che la logica la mette da parte. Un ciclismo che non fa di conto, audace e coraggioso che non ha paura di perdere e di far brutte figure. Un ciclismo che dà ragione ai sognatori, a chi va controvento, a chi è ostinato, ai romantici e che oggi si è proprio divertito. C’è il ciclismo di Tadej Pogacar e c’è quello degli altri che sembrano due sport diversi. O forse no. Perchè lo lascisfilare, ti fermi e guardare anche gli altri e scopri che c’è anche il ciclismo di Giulio Pellizzari, vent’anni, marchigiano della Bardiani al debutto al Giro che prova ad anticipare tutti e quando sul San Vito viene raggiunto da Pogacar che lo passa a doppia velocità prova ad attaccarsi: “Più con il cuore che con le gambe- confessa- Perchè lui è il mio idolo…”. Anche per questo comunque vada sarà il Giro di Tadej.