Al Tour vanno in scena i Pirenei che, chissà mai perchè, non sono le Alpi ma fanno più paura.  Che chissà mai perchè fanno sempre venire i brividi. Fughe e distacchi. Fughe e cotte. Fughe e gloria ma anche addio sogni di gloria. E vale ovunque. In un paese a caso, in una salita a caso, in una discesa a caso, sull’asfalto infido di un falsopiano spazzato dal vento che non finisce più. Forse è leggenda, forse verità. Sono leggenda e verità il Tourmalet, il Col d’Aubisque, il Cold’Aspin. Ma è verità l’arrivo di oggi a Soulan Pla d’Adet dove Tadej Pogacar saluta tutti a quattro chilometri e mezzo dall’arrivo e al traguardo mostra i muscoli arrivando con una quarantina di secondi su Jonas Vingegaard e un minuto e 10 secondi su Remco Evenepoel che ora lo inseguono ad un paio di minuti in generale. Fine del Tour? No perchè non è mai finita finchè non è finita ma qualcosa di più si saprà già domani con un’altra tappa pirenaica che con il Col de Peyresourde, il Col de Mente, il Col d’Aspet, il Col d’Agnes e l’arrivo a Plateau de Beille metterà insieme oltre 5mila metri di dislivello. In bici quando la strada sale si fa fatica ovunque ma i Pirenei sono un’altra cosa. Meno duri forse, ma avvolti da quel mistero che solo i monti immersi nella macchia sanno dare. Come i nostri Appennini: terra dura, sincera impervia e perfetta per gli agguati di giornata. Su montagne come queste una volta si perdevano e si vincevano Giri e Tour più che sulle vette storiche dove ormai tutti si guardano da tutti e alla fine tutti si aspettano. I Pirenei restano lì, misteriosi a guardarti avvolti dalle nuvole nere e dalla loro storia. Sembra ti controllino, in realtà aspettano che qualcuno lanci la sfida. Oggi è stata la maglia gialla a lanciare il guanto mandando in avanscoperta Adam Yates che in un amen ha raggiunto Ben Haely in fuga e poi ha aspettato il suo capitano per dargli un p’ di respiro. Il resto Pogacar lo ha fatto da solo come sempre accade in montagna perchè, puoi avere al tuo fianco tutti i compagni di squadra che vuoi, ma se poi non ti sorreggono le gambe resti lì dove sei. Punto. «Ho seguito l’istinto, volevo vincere la tappa nello sprint ristretto…Poi ho visto che gli uomini della Visma non sono riusciti a reagire e alla fine è andata meglio così…”. Sarà. Resta il fatto che lo sloveno, che sembrava un po’ appannato pochi giorni fa, oggi è prepotentemente tornato sugli scudi e domani potrebbe davvero provare a mettere una ipoteca sulla sua storica doppietta Giro Tour. Ma molto dipenderà da come reagirà Vingegaard che, quando le altimetrie si fanno dure, è pur sempre da considerare tra i favoriti. E molto dipenderà dai Pirenei le montagne dai colori morbidi che sembrano pennellate di un pittore con l’animo sereno che però improvvisamente cambiano tono e prendono il colore verde scuro dei fondi di un bottiglia. È fanno  paura. Perché il sole che sta per andar via sparisce dietro un paio di nuvoloni lividi e in un attimo scende il buio. E i conti sono più salati che altrove.