Van Aert torna alla vittoria alla Vuelta: e scaccia un po’ di fantasmi
Finalmente Wout Van Aert. Finalmente vince il fiammingo dopo tanta sfortuna, dopo tanto soffrire, dopo tanti secondi posti, tante volate sfuggite di un nulla, tante volte in cui poteva, avrebbe meritato, non c’è riuscito, ha ceduto il passo… Wout van Aert centra la vittoria nella terza tappa della Vuelta la Lousa-Castelo Branco di 191,2 km, ancora in terra portoghese. Vince in maglia rossa, conferma la sua leadership prendendosi la rivincita su Kaden Groves che ieri lo aveva battuto mentre terzo si piazza Jon Aberasturi . Tappa e maglia si dice in questi casi. Terza vittoria di questa stagione balorda per il belga dopo il bronzo nella crono olimpica di Parigi. Che conta. Eccome se conta. Fianalmente vince van Aert che per uno come lui forse (senza forse) è un po’ poco….Che poi suona strano e suona male perchè il campione della Visma è sempre là davanti, sempre in corsa, sempre pronto dar battaglia, a chiudere, ad aiutare i compagni di squadra, a scattare, a rincorrere a sprintare. Ma gira cosi. E comunque non se lo possono permettere in tanti. Ma van Aert è van Aert, fuoriclasse assoluto di classe cristallina, capace di tutto e di giocarsela con tutti, campione forse a volte troppo generoso, poco tattico, troppo genuino nella sua voglia di dare spettacolo. Ma non si discute, non si può discutere. Tanti anni fa a Cambiago, festeggiando il fresco mondiale di ciclocross che il campione della Visma aveva vinto a Zolder con la sua bici e i suoi colori, Ernesto Colnago lo battezzò all’istante: «Pane, salame e pedalare, questo qui è uno che va lontano…Ques chi farà strada…”. E così fu. Di campionati del mondo ne sono arrivati altri senza contare i titoli nazionali e le vittorie nel superprestige, le vittorie sulla strada, le Strade Bianche, la Sanremo, la Gand-Wevelgem, nove tappe al Tour ed altro ancora. Ma forse meno di ciò che un fenomeno del suo talento avrebbe potuto, avrebbe dovuto, avrebbe meritato con sua classe assoluta, il suo carisma, la sua generosità e il suo essere spesso sfortunato protagonista. Sì perchè la sfortuna spesso si accanisce sugli “eroi” e li rende un po’ più vulnerabili forse proprio per farli amare di più. Va così da sempre, nella storia e nel Mito che ci ha sempre raccontato di eroi mai troppo vincenti…. Un campione universale al tempo dei campioni specifici, uno che dà l’impressione di poter primeggiare sempre e ovunque. Ma questa è una stagione strana. Dopo la terribile caduta alla Dwars door Vlaanderen che gli ha lasciato addosso nove fratture, che gli ha fatto saltare il Fiandre, le altre classiche, il Giro, che lo ha tenuto per quasi due mesi lontano dalle gare e dal ciclismo, che lo ha restituito al gruppo in “convalescenza”, tutto ciò che arriva è da prendere con la gioia che merita, come è successo oggi sul tragurado portoghese. Una gioia piena, che il belga andava cercando da tempo, per mettersi alle spalle un po’ di paure, tanta sfortuna, un po’ di fantasmi. E forse per mettere a tacere anche qualche malalingua…