Diego è Diego. Maradona è il cuore dell’Albiceleste che batterà per sempre, è l’Argentina e non solo l’Argentina, è Napoli, è tante altre cose non tutte da ricordare. Ma il “Diez” non si tocca. E così a Buenos Aires è scoppiato il finimondo la scorsa settimana dopo la clamorosa gaffe di Manuel Adorni, portavoce del presidente argentino Javier Milei che, nel corso di una cerimonia in cui si rendeva omaggio ai «grandi mancini che hanno contribuito alla grandezza dell’Argentina» non aveva fatto alcun cenno a Diego Armando Maradona, che non ha mai nascosto, nel corso della travagliata esistenza, simpatie di sinistra.  Il ministro aveva reso omaggio a Lionel Messi ad Angel di Maria al cestista Emanule Ginòbili, al tennista Guillermo Vilas ma per il Pibe de oro non aveva speso una parola. Anzi. Ai cronist che gli chiedevano  il motivo della assenza del campione argentino nella celebre lista dei geni mancini Adorni aveva risposto in tono ironico: «Chi? Ah perchè era mancino?». Non una dimenticanza ma una scelta governativa voluta visto che Maradona, spesso immortalato con leader di sinistra  come Fidel Castro, è quanto di più distante dalla destra di Milei che lo scorso anno sconfisse alle presidenziali il candidato peronista Sergio Massa. Una gaffè finita in fretta su  tv e giornali e definita “sacrilega”in pochissimo tempo si è abbattuta su Adorni e indirettamente su Milei, una pioggia di critiche. Reazioni al vetriolo da parte delle figli di Diego Dalma e Giannina, da campioni del mondo come  Osvaldo Ardiles, Hector Enrique, da tantissma gente comune che ha riversato contro il minstro argentino una pioggia di messaggi: . “Diego non si tocca”, “Diego è per sempre”. Per sempre come le sue giocate, i suoi gol, il suo Sudamerica pieno di contraddizioni, la sua Napoli assurda e angosciata,  Fidel, il tatuaggio del Che, l’alcol, la cocaina, i suoi figli dimenticati e poi ritrovati, i demoni che si portava dentro, il suo folle tentativo di dribblare anche la vita tant’è che sembrava immortale. Diego è per sempre e non si può neanche provare a distinguere. L’uomo, l’atleta, ciò che ha fatto in campo e ciò che ha fatto nella vita. Un “Dio sporco”,  vicinissimo al popolo e consegnato alla storia dal popolo,  dal suo popolo. Un artista inarrivabile che come aveva scritto Vittorio Sgarbi vale  Caravaggio di cui non si può giudicare una vita che è  leggenda e quindi va al di là del Bene e del Male. Ciò che resta di Maradona è ciò che si vede in tv sui giornali, in rete, ovunque. Un omaggio infinito e spontaneo della gente che grazie a lui ha trovato gioia, riscatto e dignità, che l’ha sempre sentito dalla sua parte senza moralismi e senza giudicare la sua vita, i suoi errori, la sua dannazione. Di Diego resteranno per sempre il sorriso da scugnizzo, la sua irriverenza e la sua maledetta voglia di vivere. Rimarrà lo sguardo fiero e sprezzante rivolto a chi nel ’90 all’Olimpico osò a fischiare l’inno argentino prima della sfida che vedeva l’Albicelste opposta ai tedeschi. Qualcuno lo spieghi al ministro Adorni.