Titolo mondiale per Remco Evenepoel che a Zurigo si mette al collo l’oro nella prova individuale a cronometro battendo per 7 secondi Filippo Ganna e per 55 Edoardo Affini. Una crono al cardiopalma che mette di diritto il giovane  belga tra i grandi del ciclismo e che, dopo i due ori di Parigi, gli spalanca le porte della storia semmai dovesse vincere anche il titolo nella prova su strada tra sette giorni. Che non è un’ipotesi remota… Insomma potrebbe anche non essere finita qui. “E’ stata la crono più difficile della mia vita…” ha detto al traguardo e ciò rende onore ai battuti, in particolare a Filippo Ganna che ha sfiorato l’impresa su un terreno che, va detto, non gli era del tutto favorevole. Ma conta vincere. Ed Evenepoel non è uno che si tira indietro. Così in questa stagione che lo ha visto protagonista sempre, dal Tour ai Giochi, ora potrebbe davvero scrivere un pagina di sport di quelle che restano. Perchè il suo è un ciclismo così, arrembante, potente e prepotente, impetuoso . Non conosce mezze misure Remco Evenepoel: vittorie, sconfitte, trionfi, qualche batosta…. Un fuoriclasse puro, piaccia o non piaccia questo è. Ma  Remco divide.  Non ci conosce vie di mezzo e questo fenomeno che a soli 24 anni ha già vinto una Vuelta, due Liegi-Bastogne-Liegi, tre classiche di San Sebastian, tre mondiali tra strada e a cronometro e due ori olimpici. Non ci sono vie di mezzo perchè uno così o si ama o si odia.  Perchè  è spesso sbruffone,  spesso arrogante e non fa il minimo sforzo per rendersi simpatico. Nato il 25 gennaio 2000 a Schepdaal, una frazione del comune di Dilbeek a pochi chilometri da Bruxelles,  è figlio di  Patrick Evenepoel, professionista che tra gli Anni ’80 e ’90 battagliava con Miguel Indurain e Gianni Bugno. Arriva nel ciclismo che conta solo cinque anni fa.  Prima fa dell’ altro, soprattutto gioca a calcio sua passione da quando aveva cinque anni, nella file dell’Anderlecht, del Psv Eindhoven fino alla nazionale giovanile del Belgio dove è anche capitano. Insomma non uno scarso. Poi però l’amore finisce. E finisce quando dal Psv lo mandano a farsi le ossa in prima divisione nel Malines. Saranno le fabbriche un po’ tristi di questo paesone indutriale nella provincia di Anversa,  sara l’aria delle Fiandre, sarà che quando si è giovani si fa presto a cambiare idea il centrocampista di belle speranze decide di punto in bianco che il calcio non fa più per lui e nel 2016 mette il pallone in garage e sale in bici.  Quattro mesi di apprendistato è arrivano le prime vittorie: alla Bizkaiako Itzulia, una delle più importanti gare internazionali della categoria juniores,  alla Aubel-Thimister-Le Gleize, alla Route des Gèants e alla Philippe Gilbert Junior.  Nel 2018  in 47 giorni centra  36 vittorie tra gli juniores, campione nazionale, europeo e mondiale sia in linea che a cronometro, e a 18 anni firma il suo primo contratto da professionista con la Quick-Step di Patrick Lefevere. L’anno dopo  vince l’Europeo a cronometro élite e conquista l’argento al Mondiale sempre a cronometro. Il resto è storia recente, compreso quel volo terribile che tre anni fa lo ha visto precipitare da un muretto in una scarpata al Giro di Lombardia. Una storia ancora breve ma già intensa, una storia da predestinato che pone il belga già tra i grandi del ciclismo di oggi qualsiasi cosa di lui si possa pensare, da qualsiasi parte si decida di stare, indipendentemente dalla ( tanta) strada che ancora dovrà percorrere.  Remco è così: prendere o lasciare. Esagera quando perde, esagera quando vince, esagera sempre. Mai normale, mai banale e qualcosa vorrà pur dire. E se dovesse arrivare arriva anche un altro mondiale su strada sarà difficile trovare le parole….