Quarant’otto chilometri e 400 metri, una manciata di secondi dopo aver lasciato alla sua sinistra quel ponte maledetto dove, scendendo quella volta dalla Colma di Sormano,  volò giù Remco Evenepoel. Ma oggi nel Lombardia  numero 118 si va al contrario, stavolta si sale e, quando si sale, Tadej Pogacar è di un altro pianeta.  85 chilometri alle Strade Bianche, 100 al mondiale di Zurigo, 48 al Lombardia, le fughe del campione del mondo fanno un terno secco da giocate al Lotto. E oggi fanno un poker che affianca Tadej a Fausto Coppi e ad Alfredo Binda, senza paragoni impossibili, solo un fatto di numeri che raccontano la grandezza di questo ragazzino col ciuffo che oggi mette un sigillo d’oro ad una stagione formidabile con le vittorie, di Giro, Tour e mondiale tutte insieme. Viene da emozionarsi, viene la pelle d’oca e viene da chiedersi dove può arrivare, quanto potrà ancora vincere, come si può provare a sfidarlo, come si può battere. Difficile per ora trovare risposta tant’è che ormai, quando scatta, la sensazione e che nessuno nel gruppo voglia neppure provare a mettersi alla sua ruota per il timore di non saltare per aria, per la paura di dover pagare un conto troppo, troppo, salato.  Lui però intanto va con cadenze e watt da extraterrestre. Vola via sulla Colma di Sormano, salita vera,  dove si decide questo Lombardia partito da Bergamo per arrivare a Como dopo 243 chilometri di fatica, di fughe pensate, provate e riacciuffate ma in realtà senza storia. O forse con una storia già scritta.  Nessun duello, Pogacar si mette dietro a più di tre minuti Evenepoel, un campione olimpico non uno qualunque, e il nostro Giulio Ciccone che sul San Fermo mette in riga tutti gli altri, quelli “normali” . Ed è una storia che non  conosce paragoni perchè Pogacar è Pogacar, unico e uno solo. Difficile dire se sia più talentuoso di Merckx, di Coppi, di chissà chi altri…. Difficile dire se sia più forte, più campione perchè in questi  anni di dominio ha dato una impronta talmente sua alle corse, alle vittorie, alle sconfitte (rare) e al suo essere testimonial di un ciclismo nuovo nell’atteggiamento tattico e non solo tattico che non può essere paragonato a nessuno. Pogacar attacca anche quando non dovrebbe, scatta anche quando potrebbe risparmiarsi, vince e stravince ma più  che un cannibale pare un “rivoluzionario” che stravolge i luoghi comuni del ciclismo di sempre.  Così ha fatto alle Strade Bianche, cosi ha fatto al Giro e al Tour, così ha fatto ha Zurigo. Prende e va perchè così gli dice la testa, così lo sorreggono le gambe ma soprattutto perchè così di diverte. Non sembra far fatica Tadej Pogacar e se ne fa, perchè sicuramente ne fa, probabilmente è bravo a non darlo a vedere. Ha lo sguardo e la testa leggera, di uno che se la gode, di uno che non si prende neanche troppo sul serio, di uno che non fa drammi e non fa polemiche. Ha la faccia sbarazzina di chi è già entrato nella leggenda del ciclismo senza spocchia e senza “tirarsela” troppo.  “Ho una super squadra e sono super felice…” spiega al traguardo e c’è poco da aggiungere . La storia si può scrivere anche così, con un sorriso…