Pogacar: “Non mi piaceva il ciclismo, mi sono appassionato con Schleck”
Per pedalare ci sono Giro e Tour, c’è il mondiale. Ieri c’è stato il Lombardia. Per raccontarsi c’è il Festival dello Sport di Trento organizzato dalla Gazzetta dello Sport e Tadej Pogacar, nella giornata conclusiva, è uno degli ospiti d’onore. Atteso quanto merita, atteso il giusto. Perchè anche se ha solo 26 anni, il fenomeno sloveno ha già scritto una pagina fondamentale del ciclismo di sempre e dello sport in assoluto. Lo hanno giustamente messo di fianco a tutti i più grandi. Bernard Hinault, Eddie Merckx, Marco Pantani… Oggi l’Equipe gli dedica giustamente tutta la prima pagina in cui lo paragona a Fausto Coppi: ” Come lui…”. Come lui perchè quattro Lombardia di fila li hanno vinti solo loro due. E allora tocca a Tadej provare a spiegare a chi assomiglia: “I paragoni con Merckx sono decisamente molto belli e gratificanti- racconta lo sloveno della Uae- Ma non mi piace paragonarmi agli altri. Ho sempre voluto e voglio ancora scrivere la mia storia. Non mi piace confrontarmi anche perchè quando ero ragazzo non mi interessavo granchè al ciclismo, questo per dire che non ho mai avuto un idolo a cui ispirarmi. Quando ero in Slovenia guardavo il Tour e poi quando ho iniziato ad appassionarmi al ciclismo c’era Andy Schleck che vinceva. La mia prima bici era italiana, una Billato, ma forse era un po’ troppo grande per me. L’allenatore mi disse che ero troppo piccolo per quel tipo di bici e ho dovuto aspettare un anno. Poi ho cominciato ad allenarmi. Mi divertivo e cercavo di vincere nelle corse juniores, come il Giro della Lunigiana. Quando ho iniziato a vincere mi sono reso conto di avere un certo potenziale e che potevo partecipare alle gare internazionali. Però guardavo le gare e non mi piaceva aspettare al traguardo, forse per questo che corro in questo modo…”. E’ stato un anno formidabile. Ha vinto praticamente tutto ciò che voleva vincere, con una serie di imprese che hanno riportato il ciclismo alle sue stagioni più epiche, quando le imprese venivano poi raccontate dai nonni ai nipoti e i distacchi erano di minuti e minuti: “L’obiettivo per quest’anno era il Mondiale- spiega- ma ho pensato di fare Giro e Tour e le decisioni che abbiamo preso si sono rivelate giuste. L’anno scorso le aspettative erano altissime per il Tour. Avevo vinto nelle Fiandre e avevo fatto delle ottime classiche. Poi c’è stata la caduta nella Liegi, quando mi sono rotto il polso. La ripresa è stata molto lenta, ci sono voluti due mesi e non sono riuscito a battere Jonas Vingegaard. Quest’anno è andata diversamente ma ci sono stati alcuni momenti in cui ho pensato che non sarei riuscito a vincere alcune gare. Non ho paura a dire che in alcuni frangenti mi sono sentito al limite, sotto il profilo fisico e mentale È stata una stagione perfetta, e per questo ho voluto ripetere l’esultanza della Strade Bianche, la prima corsa che ho vinto quest’anno. Ogni successo è speciale, ma farlo con addosso questa maglia rende tutto ancora migliore. Sentire i tifosi gridare il mio nome rende bello ogni momento. Non voglio ancora pensare al 2025 ora è tempo di andare in vacanza…”