Perchè le paralimpiadi ci stanno cambiando ( in meglio)
Contano le medaglie? Contano certo, ma forse conta di più ciò che lo sport paralimpico e le ultime paralimpiadi di Parigi hanno rappresentato nel pensare comune, nella cultura di una società che accetta e rispetta, nella comprensione di quanto lo sport, qualsiasi sport senza distinzione, sia il più formidabile strumento di “propaganda”, la forma più diretta per raccontare la vita, l’attaccamento alla vita, la voglia di non arrendersi. Di andare avanti nonostante tutto, come spesso ripete Alex Zanardi “con ciò che è rimasto…”. Lo sport paralimpico sta cambiando le carte in tavola, le regole del gioco, sta cercando di cambiare la percezione storica della disabilità e dello sport. E allora basta retorica. Non più partecipare ma “gareggiare”, non più “supereroi” ma atleti che si allenano, faticano, vincono e perdono come tutti, che non fanno uno sport “speciale” ma fanno sport. Punto. Non più tanta (troppa) enfasi, su sogni, riscatti e storie personali ma fari puntati sull’attività, sul racconto degli sport, delle loro particolarità, della tecnica, dei materiali. Sul racconto delle difficoltà senza drammatizzarle. Ciò detto le diciassettesime paralimpiadi che si sono disputate in Francia un paio di mesi fa per l’Italia resteranno indimenticabili sotto tanti punti di vista, a partire dal numero di medaglie vinte, 71, due in più rispetto a Tokyo 2020 con ben 24 gli ori conquistati. Ma l’Italia è stata anche la delegazione più numerosa di sempre a prender parte a una Paralimpiade: 141 atleti che si sono cimentati in 17 discipline. ”Sono da sempre convinto che nel mondo paralimpico internazionale non esistano rivoluzioni ma lunghi processi di contaminazione che partono da lontano- ha spiegato poco dopo la fine dei Giochi tracciando un bilancio il presidente del comitato paralimpico Luca Pancalli– Si parla tanto dell’importanza dei Giochi Paralimpici di Londra 2012 come quelli dello spartiacque tra il prima e il dopo, ma Londra per noi è stata fondamentale per le tantissime ore di diretta della Rai. Senza la presenza dell’emittente pubblica alcune immagini iconiche di quei Giochi, penso, ad esempio, a quelle di Alex Zanardi, non esisterebbero. Sono convinto che i Giochi siano sia tra i più grandi agenti trasformatori della società civile. Stiamo cambiando la società. Penso a chi si è appassionato alle paralimpiadi -e sono veramente tanti- saranno persone sicuramente migliori perché in grado di accettare ogni tipo di diversità…”. Diversità che anni fa era sottolineata in ogni gesto dei paratleti che ne sottolineava proprio la differenza con lo sport “normale”. Che invece non c’è perchè non esiste uno sport “normale” ed altri sport. C’è uno sport solo e vale per tutti perchè i sacrifici, le rinunce, l’impegno, le vittorie, le sconfitte le gioie e le delusioni sono le stesse. Lo spiega bene Simone Barlaam, oggi uno dei volti del movimento paralimpico mondiale: “Io non sono un paratleta. Sono un atleta…”