“Molti professori vedono ancora lo sport come un ostacolo allo studio, e invece gli studenti che praticano sport dovrebbero essere presi a esempio, perché riescono a coniugare due attività complesse…”. Cosi diceva qualche anno fa Valentina Vezzali, allora sottosegretario allo Sport, intervenendo in una edizione del Meeting di Rimini. Poco purtroppo è cambiato: diceva ciò che tutti sanno. Sport e scuola dovrebbero andare a braccetto ma, tranne qualche virtuosa eccezione, sono ancora realtà distanti. Perchè la cultura dello sport a scuola non si insegna, perchè lo sport non è visto come attività complementare nei suoi valori alla crescita dei ragazzi, perchè ancora nelle pagelle lo sport non porta dote o la porta solo in minima parte e perchè allenamenti, gare, trasferte e impegni agonistici non vengono quasi mai “perdonati” ma spesso puniti senza nessuna tolleranza. Va così e basta chiedere. E allora va benissimo che un paio di giorni fa al Politecnico di Milano il Ministro per lo Sport e i Giovani, Andrea Abodi, e il Ministro dell’Università e della Ricerca, Anna Maria Bernini, abbiano presentato il nuovo schema di Decreto sulla doppia carriera “studente-atleta” emanato di concerto anche con il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Marina Elvira Calderone, e con il Ministro dell’Istruzione e il Merito, Giuseppe Valditara. L’intenzione è buona: promuovere la formazione dei giovani atleti e le linee guida nazionali per regolamentare la doppia carriera, tenendo conto delle linee guida europee. Il lavoro ministeriale sarebbe partito dall’assunto che il successo ad alti livelli nello sport richiede allenamenti intensivi e la partecipazione a competizioni, non solo in Italia ma anche all’estero, che non si conciliano con le richieste e le esigenze del sistema educativo, costringendo spesso i giovani talenti a scegliere tra la carriera sportiva e quella scolastica o universitaria. Il DPCM metterebbe così a sistema una serie di norme per agevolare la carriera sportiva degli atleti consentendo loro istruzione e lavoro garantendogli una formazione di alto livello, senza sforzi personali irragionevoli, nel rispetto del principio di pari opportunità. Tutto molto bello, ma anche tutto molto teorico perchè poi la realtà sono i lunedì mattina a scuola, sono le interrogazioni e le verifiche che non fanno sconti, sono le circolari dei presidi, sono voti e pagelle in cui lo sport continua purtroppo ad essere considerato e valutato non come materia a tutti gli effetti ma come un’attività ludica, secondaria rispetto a ciò che conta davvero. Più che norme, servirebbe quindi un cambio culturale non per garantire sconti o scorciatoie ma il giusto rispetto e il riconoscimento alla fatica e ai sacrifici di ragazzi che fanno i salti mortali per, come dicono loro, “starci dentro”. Altrimenti è, come sempre, solo teoria…