Una tribù che resiste ( al freddo)
Troppo facile andare in moto d’estate. Anche correre e pedalare Troppo bello godersi il fresco quando in strada si schiatta e una parte del mondo boccheggia incolonnata in auto. Troppo semplice allenarsi a marzo, aprile, maggio quando il meteo ti sorride, le giornate sono luminose e quando gli alberi germogliano. Sembra uno spot. Troppo facile mettersi una maglietta, un paio di calzoncini, un paio di scarpe e via. Ma chi va in moto, corre o va in bici corre sul serio si vede d’inverno. O meglio si intravede. Pantaloni lunghi, maglia, un’altra maglia, felpa tecnica, guanti, cappello, bandana…resta scoperto solo lo spazio per vedere dove si mettono i piedi e respirare. Una feritoia, più o meno come quella che usavano i soldati per far passare la canna del fucile e difendersi dal nemico. E il nemico è il freddo. L’umidità che in pianura padana diventa ghiaccio, ti gela i polmoni, ti fa appannare la visiera del casco, ti si ghiaccia sul cappellino di lana, ti fa scivolare le scarpe e ( peggio) le ruote della tua due cilindri. Però si va. In meno, molti meno, ma si va. E la tribù diventa una piccola tribù. Di gente che suda e fatica, di gente che di andare in auto proprio non ne vuol sapere. Certo, a volte è un tormento, una inutile sofferenza, forse una fissazione. Però vuoi mettere. Vuoi mettere l’orgoglio e la vanità di far parte di una minoranza che resiste. Dice un mio amico, che ha una moto tedesca e non la ferma mai, che l’inverno è una stagione meravigliosa perchè ti permette di capire che differenza che c’è tra un motociclista e il proprietario di una moto. E vale per tutti