Perchè la Pavia-Sanremo per Milano è una sconfitta
Per i prossimi tre anni sarà la Pavia-Sanremo come già è stata la Abbiategrasso-Sanremo che un po’ strano suona ma non è uno scandalo se si considera la strada che ormai ha imboccato il ciclismo moderno che lo porta dove ci sono sponsor e denari. E comunque nella stanze di Palazzo Marino non si strappano le vesti anche perchè finchè il “brand”, come si dice oggi, resta ( e ci mancherebbe) Milano-Sanremo per il Comune milanese poco cambia…Ma il ciclismo è un mondo a parte, legato ai luoghi, alle tradizioni, ai piccoli simboli che fanno la storia e in un certo senso la conservano nel tempo anche se , va detto, vale per noi ma vale per tutti basti pensare che anche la Roubaix ormai il via da Parigi l’ha dimenticato da anni. Senza fare troppo i romantici però la Milano-Sanremo che parte da Pavia è un “tassellino” di storia che si cancella, conseguenza logica delle leggi del business a cui ovviamente lo sport non sfugge che ci hanno abituato quasi a tutto: a Giri che partono della Norvegia, a Tour de France che partiranno da Firenze, a mondiali corsi sulle strade degli sceicchi senza storia e senza pubblico. Ma qualche riflessione si può fare. Milano in questi ultimi anni sulla bicicletta ha investito molto facendone una vera e propria battaglia politica. Ciclabili, zone a traffico limitato fino all’ultima sfida di fare tutto il possibile per una città dal 2024 a 30 orari. La “bici al centro” insomma che, al di là di come uno possa pensarla, è una scelta moderna, sostenibile, la direzione che tante altre metropoli hanno preso già da anni. Ma la “bici al centro” non può essere solo una battaglia politica, troppo spesso ideologica, che porta a schierarsi con chi pedala o contro chi pedala. La “bici al centro” deve essere soprattutto una scelta di “cultura ciclistica”. La bicicletta è più filosofia che politica, è un modo di essere, uno stile di vita che vede il pedalare quotidiano come gesto di mobilità, di benessere e di sport. E la Milano-Sanremo per Milano è il migliore degli “spot” possibili per tutto ciò. Perchè è una festa di piazza, perchè ci sono le squadre, i van, le bici e i campioni. Perchè dal centro a via Chiesa Rossa, dove si cominciava a fare sul serio, è da sempre stata una bella sfilata tra le gente che applaudiva, che si fermava a salutare, che per una volta non litigava e non insultava i ciclisti. Per Milano tutto ciò è un po’ una sconfitta che cancella una storia cominciata nel 1907 davanti all’osteria della Conca Fallata lungo il Naviglio Pavese. Pioveva e faceva freddo come spesso capita a marzo e si presentarono in 33. Dubbi non ce ne furono e vinse il francese Lucien Petit-Breton. Un altro ciclismo, un’altra città, un’altra storia che il Comune dovrebbe difendere con più tenacia.