Morto e rianimato. Come racconta lui praticamente “risorto”.  La storia, scritta pochi giorni fa sulle pagine del Giornale da Marta Bravi, è quella di Jiri Marzi, atleta diciottenne di Griante che  partecipando alla Marathon Trail Lago di Como, si era perso tra i monti dove è stato soccorso praticamente in fin di vita e salvato da un’equipe medica del papa Giovannni XXIII di Bergamo.

Una storia incredibile la sua.  Comincia tutto alle 8.30 del 27 settembre quando viene dato il via da Menaggio. Nulla di strano. Jiri è un vero atleta, è allenato e preparato e non è alla sua prima gara di trail: nonostante la giovane età ha esperienza e conta di chiudere la sua fatica sotto le 5 ore. Ma poi qualcosa accade. Il meteo peggiora, alcune parti del percorso vengono chiuse per motivi di sicurezza e l’’ultimo avvistamento del ragazzo risale alle 12,30: Jiri sbaglia percorso ovvero segue il tracciato che nel frattempo è stato modificato  per il maltempo e si ritrova sul crinale della montagna a 2mila metri e con un grande freddo.

Sta nevicando e lui è vestito con maglietta e pantaloncini, è sudato e inizia a raffreddarsi. Ha un calo glicemico si sente debole, annebbiato prova a prendere il termogel e le barrette energetiche che ha con sè, ma non riesce ad aprirle perchè le mani sono congelate. Spera sopraggiunga qualche altro atleta che possa dargli aiuto ma non le segue nessuno. Così prova continuare ma è allo stremo e all’improvviso si  accascia a terra. Di lui si perdono le tracce e scattano l’allarme e le ricerche. Viene ritrovato alle 18,10 dai soccorsi coordinati da Areu. A recuperarlo sono gli uomini del Soccorso Alpino, dei Vigili del Fuoco, del team degli elisoccorso di Como e Sondrio e del team Ecmo dell’Asst Papa Giovanni XXIII di Bergamo,  tra il Sasso Bellora e Monte Bregagno.

E’ in arresto cardiaco e in grave stato di ipotermia.   Un quadro clinico è drammatico. Le manovre di rianimazione sono inutili, il ragazzo non dà segni di vita, la sua temperatura è di 21 gradi. Alle 19.01 arriva all’ospedale di Bergamo e i medici ricorrono all’Ecmo, la circolazione extracorporea che sostituisce temporaneamente cuore e polmoni, permettendo all’organismo di riprendersi.  Viene intubato per aiutare i polmoni a riprendere la loro funzionalità e dopo 6 giorni viene staccato dalle macchine miracolosamente salvo.

Ora sta bene, sul capo ha ancora i segni del decubito dovuti ai 9 giorni trascorsi in terapia intensiva e sei settimana in ospedale ma sorride e sta bene.  È tornato a scuola, ha ripreso a suonare il pianoforte anche se il movimento delle dita è rallentato: un tempo le avrebbe perse per i geloni. «Questa esperienza mi ha cambiato – racconta Marzi , anche se forse non si è ancora reso conto del tutto di  cosa gli è capitato- pratico tanti sport e mi ero preparato, ero contento di fare la gara. Ero sicuro di essere sul percorso giusto ma sentivo che le energie iniziavano a venire meno, ho rallentato pensando che in un certo momento sarebbe arrivato un altro concorrente e avremmo terminato il percorso insieme, avremmo condiviso delle barrette».  «Il fatto che il paziente sia giovane e sportivo – spiega Fernando Lorini, direttore dell’Emergenza urgenza al Papa Giovanni XXIIII – lo ha aiutato, e l’ipotermia ha giocato a favore bloccando il metabolismo. Così si è salvato».