“Me lo ricordo per il sorriso dei suoi occhi, sempre felice. Fin da piccolo amava qualsiasi sport. Alle elementari è stato introdotto all’orienteering grazie al maestro Renzo De Paoli, il quale insegnava geografia all’aperto attraverso mappa e bussola. Molti suoi scolari si sono appassionati all’orienteering grazie a questo metodo. Mattia ha praticato sci nordico come fanno tutti i Debertolis della valle. Si è dedicato anche alla discesa, con il fratello Nicolò, grazie al nonno Rinaldo Zagonel, maestro di sci e guida alpina e allo zio Piero Zagonel, anche lui maestro di sci, che li portava a praticare il fuori pista. Con l’US Primiero, oltre l’ orienteering, ha giocato a calcio. Insomma, in qualsiasi sport lui era bravo”.

Così Erica Zagonel, mamma di Mattia Debertolis,  ricorda suo figlio, l’azzurro di orienteering deceduto ieri sera all’ospedale di Chengdu, in Cina, dove era stato ricoverato in condizioni critiche a seguito di un malore durante la gara inaugurale dei World Games. Nato in Trentino ma residente a Stoccolma dove lavorava come ingegnere, Debertolis aveva soltanto 29 anni.

Venerdì durante la corsa in programma in Cina aveva avuto un malore probabilmente anche a causa delle condizioni proibitive: 43 gradi e un tasso di umidità altissimo. Il segnale del suo dispositivo Gps, di cui sono dotati tutti gli atleti che partecipano alla gara, aveva smesso di muoversi facendo scattare l’allarme e i soccorsi. Secondo una prima ricostruzione, l’italiano avrebbe perso i sensi e, cadendo, avrebbe sbattuto la testa a terra. Dopo le prime cure è stato ricoverato in ospedale in prognosi riservata. Le sue condizioni sono apparse subito drammatiche, spingendo la famiglia a raggiungere la Cina.

Una corsa contro il tempo. Domenica, viste le condizioni critiche, la famiglia ha chiesto l’estrema unzione, officiata dal vescovo di Chengdu. Poche ore dopo il giovane è morto. “Ci metteva passione, come a scuola – ha aggiunto la mamma, affidando le parole al portale della Federazione italiana sport di orientamento -. Bravo studente, mai un problema, fino a conseguire la laura in ingegneria civile a Trento, la magistrale a Stoccolma, fino a vincere il dottorato nella capitale svedese con un contratto di 5 anni, dove viveva abitualmente. Un bel carattere, era benvoluto da tutti. Quando tornava a casa, era sempre pronto ad aiutarmi in albergo o a supportare papà Fabio e nonno Anselmo, nella stalla. Ritornava tra le sue montagna, indossando orgoglioso i calzini preparati dalla nonna Delia e incontrando i tanti zii e cugini della nostra numerosa famiglia. Alle superiori scelse l’orienteering come suo sport principale, assieme all’amico di sempre Riccardo Scalet. All’università ha trovato Jessica, sua compagna di vita. Ingegnere ed atleta nazionale di orienteering come lui. Una coppia in simbiosi. Assieme hanno raggiunto risultati di altissimo livello”