Ci si interroga sempre quando in un mondiale, alle olimpiadi, in un gara professionistica scendono in campo i bambini. L’ultima, poche settimane fa, ai Mondiali di nuoto di Singapore dove Yu Zidi, una nuotatrice cinese di 12 anni, è diventata la più giovane atleta di sempre a vincere una medaglia nel nuoto. In pochi giorni è arrivata quarta nelle finali dei 200 metri farfalla e dei 200 misti e ha vinto la medaglia di bronzo nella staffetta 4×200 stile libero. Un fenomeno, non c’è dubbio.

Ma viene da chiedersi quale sia il senso di queste imprese, quale sia la priorità:  se valga più la campionessa o la bambina, se sia giusto o meno metterla a confronto con atlete già adolescenti e formate o se andrebbe preservato un percorso di crescita personale e sportiva nonostante un talento enorme che le permette in pratica di gareggiare alla pari. Viene da chiedersi se sia più importante il risultato, il record, la medaglia o il senso educativo dello sport nella crescita dei bambini che è sempre un percorso che “allena” a crescere, ad emulare, a sognare anche se poi va sempre tenuto conto che a una certa età i sogni sono di cristallo e vanno maneggiati con cura…

Che una bimba vinca una medaglia in un mondiale è “storia” ma, vista l’età sarebbe anche il caso di considerare il “futuro” di questi giovanissimi campioni. Molti si perdono e ci sta. Fa parte del gioco e delle statistiche. Ma chi prosegue, chi va avanti che prezzo paga? A 12 anni un bimbo è in seconda media, in questo periodo in genere pensa alle vacanze, ai compiti, a giocare con la leggerezza che l’età fortunatamente ancora gli concede. Una bimba che prepara un mondiale o un’olimpiade ha altri pensieri: allenarsi, competere, arrivare al top della forma all’appuntamento, gareggiare e ovviamente vincere. In più Yu Zidi è cinese e nel suo Paese lo sport è considerato strumento primario per accrescere il prestigio nazionale, non a caso lo Stato investe molto presto sugli atleti. Un peso in più, pressioni in più che la mente e la psiche di una bimba non è pronta ad affrontare. Quindi. Quindi servirebbero dei paletti, una linea di frontiera che le Federazioni dovrebbero tracciare o rivedere laddove già esiste che consenta ai bambini di gareggiare con i bambini e via così a prescindere dalle doti atletiche, dalla classe e dal talento.

L’exploit di Yu Zidi ha creato non poco scalpore anche tra i vertici del nuoto internazionale. La World Aquatics ha infatti preso in considerazione la possibilità di rivedere le proprie regole sull’età minima per la partecipazione alle sue competizioni ora fissate a 14 anni con la possibilità di deroghe in caso di prestazioni cronometriche di alto livello:  “Esamineremo la situazione e valuteremo se dobbiamo fare di più- ha spiegato il Ceo Brent Nowicki- I nostri minimi sono così rigidi che non pensavo che una dodicenne li avrebbe raggiunti. Ma ora credo che dobbiamo farci delle domande e se sia il caso mettere in atto altre misure”. Che in buona sostanza è già una risposta…