22Dic 25
Franco Bragagna va in pensione, la Rai “perde” la sua voce
Sintonizzi la tv su su Raisport e lasci scorrere le immagini, senza farci troppo caso: la maratona di New York, quella di Venezia, i mondiali di atletica, la Vasaloppet…Poco cambia. Certo valgono gli atleti, anzi sono quelli che contano ma è la telecronaca di Franco Bragagna che cattura l’attenzione, il suo affascinante affabulare degli sport che ama e conosce, che sa raccontare al di là di una cronaca che spesso non c’è, la sua capacità di portare chi ascolta sulle strade, ai ristori, al comando di una sfida di cui svela i segreti, le sfumature. Non solo tempi, vittorie, nomi e cognomi spesso impronunciabili e quasi tutti uguali dei campioni africani che vincono e passano. La maratona sono tante altre cose insieme: sono storie, facce, riscatti, sconfitte, luoghi, aneddoti, ricordi, progetti, dubbi, passione, fatica di un mondo che misura 42 chilometri e che non tutti sono capaci di cogliere e svelare.E allora le lunghe telecronache che scandiscono con garbo il tempo dei passi affaticati dei maratoneti, gli sprint, le fatiche dei mezzofondisti, il pattinare degli sciatori e sciatrici del fondo diventano quasi una chiacchierata tra amici, un racconto che si perde nel tempo, che è storia e fatica, popolo e campioni, record. C’è un valore aggiunto che una telecronaca può dare ad un evento sportivo. Anni fa, una rete inglese , aveva dato la possibilità ai telespettatori di godersi le partite della premier senza il commento del telecronista. Arrivavano solo gli effetti dello stadio, le urla dei giocatori in campo, dei tecnici in panchina e i fischi dell’arbitro. Proposta di un certo fascino, ma non fu un successo. Perchè una buona telecronaca, checchè se ne dica, può aggiungere molto ad una gara sportiva.
Ognuno, a seconda dell’età, ha i suoi telecronisti. Nando Martellini, Enrico Ameri, Sandro Ciotti, Franco Rosi. E poi Bruno Pizzul, Adriano De Zan, Bruno Gentili, Francesco Repice e via così con grandi voci anche oggi che forse si notano ancor di più in una normalità fatta di aggettivi troppo roboanti e toni troppo spesso fuori registro. Bragagna è della “vecchia scuola” Rai. Ha cominciato a raccontare lo sport in in radio nel 1975 con una radiocronaca fatta con un telefono a gettoni dal Palaghiaccio di Ortisei dove si giocava la partita di hockey tra Gardena e Bolzano e poi è arrivato in tv. Hockey, sci di fondo e poi l’atletica, il suo modo unico di raccontare lo sport, la sua competenze mai esibita, le interviste, i campioni che si conoscono, diventano amici, che a volte tradiscono e il suo “timbro” sono diventati un “marchio di fabbrica”. Ora va in pensione. Chiude la sua avventura in RAI proprio alla vigilia delle Olimpiadi di Milano-Cortina, che ( purtroppo) non racconterà. Ed è un peccato anche se poi sicuramente ci sarà chi le racconterà come andrà fatto.
Ma resta un velo di malinconia nel “perdere” una voce che per chi ama lo sport era un approdo sicuro. Le sue telecronache sono “tasselli” a cui restano per sempre appese alcune grandi imprese azzurre. La magica vittoria olimpica di Stefano Baldini ad Atene, un’ impresa enorme che venne suggellata da quel “Bravo, bravo, bravo!!! …” oppure quel “Marcello!!” gridato a Jacobs che portò l’Italia che mai era riuscita ad arrivare nella sua storia in una finale dei 100, sul gradino più alto del podio olimpico a Tokyo due anni fa per poi abbracciare Gianmarco Tamberi che poco prima aveva vinto l’oro nel salto in alto. Momenti indimenticabili che molti telecronisti hanno la fortuna di poter raccontare legando la loro voce per sempre ad un momento di gloria. Ma non è solo fortuna…
C’erano l’atletica, le maratone
