05Nov 25
Kipchoge, il campione che non finisce mai
E’ finita. Eliud Kipchoge, il più grande maratoneta di sempre, arriva diciassettesimo domenica nella New York city marathon, l’unica major che gli mancava, e chiude a 41 anni la sua straordinaria carriera. E’ tra i più grandi maratoneti della storia, forse il più grande, con due ori olimpici consecutivi, due primati del mondo, sedici vittorie su ventitrè maratone disputate in dodici anni, con 11 Majors conquistate: cinque volte Berlino, quattro Londra, una Chicago e Tokyo. Può bastare. Forse no. Perchè non si può dimenticare che fino ad oggi è stato il primo e unico uomo capace di infrangere il muro delle due ore in maratona anche se il record non è mai stato omologato dalla Iaaf, anche se sei anni fa a Vienna la Ineos, l’azienda del miliardario inglese Jim Ratcliffe, l’uomo più ricco di Gran Bretagna, gli aveva organizzato una maratona che non era una maratona ma un esperimento con un’auto davanti a gruppetto dei maratoneti fortissimi a scandire l’andatura, con una quarantina di lepri che si erano date il cambio nel proteggerlo nel parco del Prater, lungo l’Hauptallee, con un strada completamente riasfaltata e con sole due curve a 180 gradi, con soli due soli cambi di direzione che avevano permesso al keniano della tribù dei Nandi di chiudere la maratona in un’ora 59 minuti e 40 secondi, di sgretolare un limite sportivo ma soprattutto psicologico, di aprire una nuova via sportiva ma anche commerciale.
Poteva farlo solo lui e infatti così è successo perchè Eliud Kipchoge non è solo un campione e un un uomo di sport: ” Ciò che voglio dimostrare ai più giovani – aveva detto alla vigilia di New York – è che i limiti umani non esistono. È per questo che, d’ora in avanti, mi porrò altri, nuovi obiettivi…”. Insomma finisce ma in realtà non fiinisce. Kipchoge continuerà a correre e affronterà “sette maratone sui sette continenti” nei prossimi due anni, “testimonial” del progetto Eliud Kipchoge World Tour che ha come obbiettivo di raccogliere fondi per la sua fondazione, che sostiene iniziative legate all’istruzione e all’ambiente.
Farà gare in Europa, Asia, Africa, Oceania, America del Nord, America del Sud e anche in Antartide. “Si correrò in Anatardide perchè proverò anche a fare cose estreme – ha raccontato. Tutto per coinvolgere e ispirare. Chiunque si presenta alla partenza di una maratona e riesce a concluderla dopo il traguardo si sente una persona diversa: spingere nonostante tutto, andare oltre, resistere, ti fa fare pace con te stesso e col mondo esterno…”. E’ finita , ma non del tutto. Perchè un campione così non finisce mai.
