Armstrong, il texano di ferro
[photopress:lance3_1.JPG,thumb,pp_image][photopress:lance2_1.jpg,thumb,pp_image][photopress:lance4_1_2.jpg,thumb,pp_image][photopress:lance5_1_2.jpg,thumb,pp_image][photopress:lance_1_2.JPG,thumb,pp_image] Non sono obbiettivo quando scrivo di Lance Armstrong. Dal punto di vista sportivo qualsiasi cosa faccia questo trentasettenne di Austin mi affascina. Credo sia uno degli atleti più completi in circolazione. Non parlo di quanto va forte in bici perchè anche la mia bimba, che ha tre anni , si rende conto che uno che vince sette Tour de France di fila è un <mostro>. Parlo della maratona di New York, di quella di Boston corse tranquillamente sotto le tre ore, della 100km in mountain bike a Leadville, in Colorado, dove è arrivato secondo mettendosi dietro tutti i migliori biker della specialità. E potrei continuare. Il texano come dicono a Napoli è un <capatosta> e credo che un buon 70 per cento della sua forza stia proprio nella mente. E’ uno che non <molla> , basta guardarlo in faccia. Ora, dopo un paio di anni di stop, è tornato in bici. Qualche mese fa sulla prima pagina della Gazzetta c’era una sua intervista: <Vengo al Giro per vincere…>. Non c’era neppure bisogno di dirlo. Se uno come lui torna non è per fare passerella ma, come spesso capita, non fila tutto liscio. Una settimana fa alla Vuelta Castilla y Leon è caduto e si è fratturato la clavicola in quattro punti. Addio sogni di gloria!. Uno <normale> l’avrebbe chiusa lì: ciao Giro e ci rivediamo al Tour (forse) con mille giustificazioni se dovesse andar male. Uno <nornale>, appunto. Lance Armstrong quattro giorni fa è stato operato, gli hanno bullonato sulla clavicola una placca di titanio con 12 viti ( vedi radiografia nella foto) e dopo <ben> tre giorni di convalescenza è risalito in bici a pedalare e al Giro ci sarà. Per vincere? Non è escluso.