Sui monti del Molise, dove osano i runner
[photopress:mol1.jpg,thumb,alignleft][photopress:mol4.jpg,thumb,alignleft][photopress:molise6.jpg,thumb,alignleft][photopress:molise7_1.jpg,thumb,alignleft][photopress:molise8_1.jpg,thumb,alignleft]Ci sono posti come new York dove una maratona può dare emozioni che ti restano per sempre. La folla, gli applausi, l’apoteosi nella discesa del Queenboro bridge, l’ultima fatica sulle salitelle di Central Park. Chi c’è stato, ci torna e comunque non dimentica. Ma la corsa ognuno se la cuce addosso. C’è una misura precisa per ogni passo, ogni falcata. Ognuno di noi ha nella mente il percorso dei suoi sogni che può essere lontanissimo a qualche chilometro da Tromso, in Norvegia, con la luce del sole di mezzanotte che illumina capoNord oppure molto più vicino sulle rive dell’Adda o nel Parco del Ticino tanto per fare qualche esempio. Ma può essere anche nel bel mezzo dell’Italia, in Molise. Una terra in molte zone ruvida e abbandonata, dove sono rimasti solo gli anziani , dove il silenzio delle strade è spesso inquietante e dove l’unico rumore è lo sbattere delle tue suole sull’asfalto. Parlo della valle del Volturno in provincia di Isernia. Siamo nello spicchio molisano del parco nazionale d’Abruzzo, da Cerro al Volturno a Rocchetta a Castel San Vincenzo dove c’è un lago artificiale a quasi millle metri d’altezza che lascia a bocca aperta. Non esiste un percorso segnato. O meglio non esiste prorio un percorso. Per me che che lo faccio ogni estate però correre da queste parti è adrenalina pura. Non c’è nulla ma trovo quasi tutto quello che cerco: caldo, fatica, salite, vento, profumi di ginepro, sterrati, un’abbazia benedettina dell’ottavo secolo, un sito archeologico, sorgenti, terreni lavorati, qualche gregge e a volte anche qualche cane da guardia che fa il suo mestiere e quindi ti abbaia dietro. Non è un modo di dire, sugli sterrati della piana di Rocchetta e attorno al lago di San Vincenzo non si incontra anima viva. Ogni tanto un gruppo di boy scout di Napoli o un agricoltore col suo motozappa che ti guarda come fossi un marziano e ti saluta. Corri, fai fatica, sudi ti guardi attorno e ti rendi conto che sei da solo in un mezzo paradiso fatto di montagne e di natura. Non è solo una sensazione, si può quasi toccare. Una quindicina di chilometri che possono diventare venti, venticinque o trenta dipende dalle deviazioni, ma sempre nella stessa, magica cornice. Alla fine si arriva in cima al lago di San Vincenzo, si fa una curva secca che dallo sterrato porta su una provinciale assolutamente non battuta e ci si butta a capofitto per una discesa di tre chilometri verso Cerro al Volturno. Prima del bivio c’è un bar, anzi è un pub gestito col cuore da un ragazzo di Colli al Volturno innamorato dell’Irlanda. Si fa tappa qui perchè c’è un bel un frigo con il Gatorade ghiacciato. E’ un momento di debolezza…l’unica concessione alla civiltà.