Con l’Epo si proverà a curare la Sla: è il doping che ci piace
Negli ultimi anni, quando nelle telecronache di Bulbarelli e Cassani si sentiva parlare di Epo il collegamento a un blitz dei nas nel rititiro di una squadra ciclistica era quasi immediato. Scene da angoscia. Ricordo di farmaci e siringhe gettate dalle finestre, ciclisti in lacrime, auto con lampeggianti che sgommavano via. Nei titoli dei tg si parlava di eritropoietina, un farmaco utilizzato per curare malattie di origine diabetica ma che sugli atleti portava a un miglioramento delle prestazioni. Non solo. Porta (e parlo al presente) anche un sacco di guai. Ad esempio rende il sangue molto più denso con tutti gli annessi e connessi, tant’è che leggende metropolitane (ma forse neanche troppo) raccontano di corridori cotretti a pedalare di notte sulle ciclette in albergo per evitare scompensi cardiaci. Fin qui è una brutta storia. Ma ora l’Epo potrebbe portare a una svolta nelle cure per la sclerosi laterale amiotrofica (Sla). Questo, grazie a uno studio dell’istituto neurologico Besta, che servirà come base per una sperimentazione clinica finanziata grazie alle donazioni del 5 per mille. La Sla è una malattia neurodegenerativa che conduce alla morte nell’arco di pochi anni e riguarda in Italia oltre 4mila malati, tra cui molti calciatori. Non esistono ancora trattamenti efficaci per curarla: l’unico farmaco è il riluzolo, che però ne rallenta solo il decorso. Per lo studio del Besta servono almeno 1,5 milioni di euro, 500mila dei quali provenienti dai fondi raccolti con il 5 per mille del 2007. Soldi che, però, il ministero del Tesoro non ha ancora destinato alla struttura. «Il Besta – spiega il presidente Carlo Borsani – ha così deciso di anticipare ciò che i contribuenti ci hanno donato con le loro dichiarazioni, ma che il ministero non ha ancora erogato». I fondi serviranno ad avviare uno studio clinico di ampie dimensioni per vedere se l’Epo, già usato per curare l’anemia, può rappresentare davvero una possibile cura per la Sla. Allo studio, che si basa sui risultati positivi di un precedente studio pilota, parteciperanno 25 centri italiani, dove saranno coinvolti 160 pazienti.