[photopress:armstrong_basso.jpg,full,alignleft]Sui giornali di oggi, compreso il mio, un po’ tutti danno le pagelle al Tour de France. Promosso Contador che ha vinto, promosso Schleck che fino all’ultimo gli ha conteso la maglia gialla, promossa la squadra Rai che ha fatto il record di ascolti, promosse anche le cravatte di Andrea de Luca che ha commentato più che bene la corsa dalla studio con Beppe Conti. Va detto: il Tour non è stato entusiasmante. Non c’è stata una tappa epica e il massimo dell’adrenalina è stato il salto di catena di Schleck. Però secondo me ci sono tre atleti che in tutta questa storia meritano un dieci ed anche la lode. Tre campioni  che questo Tour lo hanno vinto anche se non sono saliti sul podio perchè a un certo punto della corsa potevano tranquillamente fare le valigie e tornarsene a casa senza che nessuno potesse dir nulla. Ma hanno stretto i denti e sono arrivati a Parigi.  Merita gli applausi Cadel Evans, che è un campione der mondo, che ha messo la maglia gialla, che si è fratturato un gomito e che non ha mollato nonostante le lacrime e nonstante tutti quei cerottoni azzurri appiccicati sul suo avambraccio sinistro. Merita un applauso Ivan Basso che quest’anno ha vinto il Giro, che era andato in Francia con altre idee, che si è fatto una bronchite correndo e che nonostante i ritardi ha continuato a pedalare e a far fatica. Infine Armstrong. Per lui il mio applauso è un po’ più lungo. Non so se credeva davvero di poter vincere il suo ottavo Tour de France. Ma se lo pensava deve aver capito quasi subito che non c’era nessuna possibilità. Ha forato e perso minuti nella tappa del pavè, è caduto un paio di giorni dopo ed è finito fuori classifica.  Poteva mollare tutto, la scusa ce l’aveva e avrebbe chiuso la sua carriera senza vittoria ma non da sconfitto. E invece è rimasto lì. Nel gruppo, come un gregario qualsiasi che di giorno in giorno va alla caccia di una tappa: il <Boss> ridotto a cercar gloria nel traguardo di giornata. Incredibile. Chi lo critica, ma chi critica anche Basso e Cadel Evans non sa forse cosa significhi arrivare al traguardo di una gara, sia essa il Tour, la maratona di New York o la tapasciata in Val Seriana. Finire è rendere onore a se stessi ma anche alla corsa che si sta facendo. E’ rendere onore ha chi ha creduto in te, ai tuoi tifosi e a chi ti ha preso a modello. Per me i campioni sono questi. Anche se non vincono.