Run 5.30, non è stata solo una corsetta all’alba
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L’altro giorno stavo chiacchierando con l’assessore del Comune di Milano Giovanni Terzi quando gli è arrivato un messaggio sul telefonino. “GUARDA QUI…” e me lo ha fatto leggere. Gli aveva scritto un podista marziano, anzi il capo dei podisti marziani Fabrizio Cosi che, in estrema sintesi, gli faceva (e si faceva) i complimenti per quanto erano risuciti a fare con la Run 5.30. In effetti non è poco. Un migliaio di runner che corrono nel cuore di Milano all’alba sono una bella cifra. Considerando poi che la Run 5.30 non ha avuto giornali o spot pubblicitari a lanciarle la volata ma si è autopromossa grazie al tam-tam tra addetti ai lavori e alla comunicazione più o meno ufficiale che viaggia sulla rete. E poi si trattava di correre a Milano, città che per tradizione non srotola tappeti rossi a chi vuole attraversarla di corsa. Ma secondo me non è questo il punto. Il “miracolo” della Run 5.30 è un altro e più importante. E’ il messaggio che anche in una grande città che va sempre di corsa, ma per altri motivi, ci si può ritagliare uno spazio per correre, ritrovarsi e divertirsi. Che anche in una città che preferisce i tavolini dell’happy hour alle piste ciclabili si può far valere il diritto di sudare e di fare sport. E il messaggio arriva trasversale. Così capita che l’idea di una corsa promossa da un gruppo di marziani che , politicamente parlando, non sono proprio sulla stessa lunghezza d’onda dell’amministrazione Moratti venga invece recepita e appoggiata da un assessore di quella giunta che non solo dà il patrocinio ma viene anche a correrla. Chapeau! E’ la politica che vorremmo, che non si scontra per pregiudizio, ma che ascolta, apprezza e riconosce la bontà di un’idea da qualsiasi parte essa arrivi. Non so se ho esagerato o se ho dato troppa importanza a una semplice corsa però, come diceva Renzo Arbore quando brindava con la birra: “meditate gente, meditate…”!