Dimentichiamo Riccò, senza metterlo in croce
Ieri ho fatto un giretto sui siti di ciclismo e ho preso atto della bufera che ha travolto Riccardo Riccò. I tifosi e i giornalisti i non sono stati teneri con lui e sembra proprio non abbiano bisogno di ulteriori conferme. Hanno già scritto la loro sentenza: colpevole, dopato, meglio per tutti che lasci il ciclismo. Ma tant’è: il Cobra è un tipo di corridore che o si ama o si odia, non suscita sentimenti moderati. Per il suo modo di correre, per il suo modo di comportarsi a gara finita e anche dopo.In gruppo lo amano in pochi e ricordo che, dopo la squalifica per doping, nessuno gli ha fatto sconti. Anche io, devo ammettere, non mi sono mai esaltato per le sue imprese: non mi piacciono gli atleti spavaldi, credo che quando si vince (o si perde) servano misura e rispetto. Si dirà che ognuno raccoglie ciò che semina , ed è vero. Però in questo caso di mezzo c’è un ragazzo di 27 anni che rischia di finir male e non solo dal punto di vista sportivo. Ho letto da qualche parte che il gruppo lo ha scaricato perchè con i suoi comportamenti getta un’ombra su tutto il ciclismo. Non sarà così, perchè vale sempre la regola che ognuno risponde di ciò che fa. E poi quello di Riccò è sicuramente un caso che fa scalpore ma ci siamo dimenticati di Contador, tanto per citare uno degli ultimi? Certo è recidivo, aveva promesso di svoltare e forse ha barato ancora. Ma da parte di tifosi e giornalisti mi sembra ci sia tantissima fretta di metterlo in croce. E io lascerei perdere. Meglio dimenticare e forse dimenticarlo.