Numero 3242. Non il pettorale ma quel numero adesivo che si attacca sulla borsa che poi si consegna sui camion della partenza e ti ritrovi all’arrivo. Rettangolare, bianco e azzurro era il segno della prima maratona della mia vita: Milano, undici anni fa, 3 ore e 50 minuti più o meno. L’avevo tenuto in un cassetto con i pettorali e con le medaglie quasi fosse una reliquia. Poi otto anni fa la decisione di attaccarlo su una borsa laterale della mia nuova  Gs appena uscita dal concessionario. Le borse di una moto sono un po’ come le pagine di un diario, ognuno ci scrive le cose a cui tiene di più. E così io ci avevo messo un pezzetto della prima maratona della mia vita che la vita un po’ me l’ha cambiata davvero. Otto anni e i segni del tempo. Il blu dei numeri che si era lentamente sbiadito, il bianco del fondo che cominciava a mostrare il nero delle borsa su cui era appiccicato e un angolino in alto a sinistra che pioggia e e vento stavano cominciando a staccare. Poi un un paio di strisciate che si erano portate via un pezzetto del 4 e avevano disegnato un baffetto al 2 finale avevano fatto il resto. Ma quel 3242 attaccato sulla borsa destra della mia Bmw resisteva e per me era un punto d’orgoglio soprattutto quando ai semafori mi accorgevo che qualcuno gli lanciava qualche occhiata. Stavo decidendo di cambiar moto e stavo rassegnandomi con un po’ di dispiacere al fatto che avrei anche dovuto cambiar borse e cancellare un pezzettino della mia storia. Va così, i motociclisti sono un po’ tutti malati ma la moto non è un’auto, ha un’anima , fa parte di te. Poi però   succede quello che non ti aspetti. Vai a correre all’Idroscalo, parcheggi la moto, ti cambi, ti alleni, fai la doccia e torni al lavoro. Già, torni…Ma come? La moto, la tua moto, è già andata via. Sparita, caricata, forse già smontata perchè a qualcuno, in qualche altro posto del mondo, serve il tuo motore,  il tuo telaio o il  tuo cardano. E tu resti lì, inebetito. La cerchi, pensi che forse l’hai parcheggiata da un’altra parte, t’illudi sia uno scherzo. Niente, tutto vero. La tua Gs non c’è più,  finita in mano a chissà quale stronzo che di certo non la tratta come la trattavi tu, non si ferma a guardarla quando la parcheggia e  non si preoccupa se sente un vibrazione sul parabrezza o sulla carena. E non ci sono più nenache  i tuoi stivali,  non di cuoio scuro come cantava Bob Dylan, ma quelli unti con in grasso di foca che ti hanno seguito un po’ dappertutto. E non c’è più la tua tuta antiacqua quella sporca  che ha visto più traghetti di un marinaio. Quel docile bestione giallo mi mancherà. Con lei mi hanno portato via un pezzo di maratona e un pezzo di cuore…